venerdì 25 ottobre 2024

Lo specchio di Giano e gli oggetti magici: dal lituo alla trottola di Ecate

 Credo che non ci siano romanzi fantasy in cui non compaiano oggetti magici di diversi tipi e con diverse funzioni, dai libri, agli amuleti, alle spade alle pietre.

Non è da meno lo Specchio di Giano. Nel libro ispirato agli Etruschi ci sono diversi strumenti in grado di compiere cose prodigiose, prime tra tutti le bacchette magiche dei diversi personaggi, tra chi possiamo considerare anche il lituo del sacerdote Tarchun

Il lituo, in latino Lituus, da litāre, ossia offrire sacrifici agli dei per ottenere auspici favorevoli, era uno strumento di culto nell'antica Roma, già in uso presso gli Etruschi e i Latini, simile anche al bastone dei Faraoni. Era costituito da un bastone ricurvo in cima. Successivamente l'estremità arcuata assunse una forma a spirale, che si ritrova ancora oggi nel pastorale vescovile. Si tratta quindi, tradizionalmente, di uno degli oggetti magici per eccellenza.

Compare poi uno strumento meno comune nei testi e che ho conosciuto con le ricerche che ho compiuto nella redazione del libro. Si tratta della trottola di Ecate, in greco antico ίυγξ (iugx o strophalos) arnese magico sacrale, dedicato alla dea, con cui invocare la presenza della divinità nella celebrazione di un rito. Lo iugx è citato in età classica da Ovidio (I secolo a.C.): «Ella conosce le arti magiche (...) sa bene quale sia il potere (...) del filo messo in movimento dalla trottola che gira». 

La trottola magica veniva chiamata da Marino di Neapoli (V secolo d.C.) "ineffabile" e "divina" poiché permetteva di raggiungere l'unione con la divinità. In particolare i neoplatonici richiamavano la presenza della divinità oracolare Ecate facendo girare una trottola così descritta da Michele Psello: "La trottola d'Ecate è una sfera dorata costruita attorno a uno zaffiro e fatta girare tramite una cinghia di cuoio, con sopra dei caratteri incisi su ogni faccia: mentre gira si fanno le invocazioni".

La trottola veniva lanciata dal teurgo: se ruotava verso l'interno gli dei venivano sollecitati a partecipare al rito. Facendola girare verso l'esterno la divinità era libera di andarsene. La trottola girando produceva dei suoni che sembravano essere versi di animali, o lamenti o risa dalla cui interpretazione il teurgo poteva avere visioni profetiche anche assimilandole al suono delle sfere celesti. La rotazione della trottola influenzava infatti, il moto degli astri celesti che esercitavano il loro influsso sulla Terra.


Nel libro questo oggetto viene trovato da Steleth e Thanaquil nella biblioteca del tempio. La strega lo userà per mettersi in contatto con la dea Vesta e poi per comunicare con l'amica nei momenti di lontananza. 

C'è, poi, l'aula gemmata, custodita da Tarchun, in quanto massimo sacerdote. Si tratta di una specie di piccolo flauto o fischietto, che consente di richiamare i morti in vita. Questo oggetto è al centro di uno degli episodi più sanguinari del libro. 

Altro utensile che compare più volte è lo specchio, di cui vi ho già parlato qui. Ad avere una funzione magica ci sono poi altri oggetti, come il setaccio.

Ecco il passo di Lo specchio di Giano in cui viene introdotto Tarchun e in cui viene descritto il lituo: 

Poco dopo l'arrivo dei sacerdoti uscì dal tempio con andatura sicura e spedita, testa alta e sguardo altero, Tarchun, l'Aruth, guida dei Ministri del destino e Sians, padre di tutti gli uomini. Andò a fermarsi prima della scala di accesso al tempio, rimanendo nel porticato e ben visibile da tutti. Il suo alto cappello conico in candida lana, con una grande falda, era poggiato su una chioma folta e raccolta in una treccia nera, in cui cominciavano a fare capolino alcuni fili bianchi. Un pesante mantello frangiato nei toni delle vinacce e foderato di marrone, era chiuso sotto il collo da una spilla in oro, perfettamente tonda, con un decoro a spirale in elettro, con sfumature che davano il risultato di profondità ed eleganza. Al di sotto, il capo lasciava soltanto intravedere il chitone bianco in un particolare tessuto lucente arrivato dalle regioni orientali orlato di porpora e oro che scendeva al di sotto del ginocchio. Ai piedi l'Aruth portava degli stivaletti in cuoio, alti fino alla caviglia e dalla caratteristica punta ricurva. In mano aveva il lituo, un bastone magico fatto di elettro, curvo da un'estremità e lungo quanto il suo braccio. Il suo sguardo severo andò a osservare il gruppo di persone che nel frattempo si era raccolto davanti a lui, probabilmente per verificare la presenza di tutti i convocati.

Steleth lo guardava con ammirazione anche se dall'ultima volta lo trovava invecchiato e deperito, con gli occhi azzurri un poco incavati e il fisico, già magro, ancora più smunto. Inoltre, il suo viso, dai tratti delicati e quasi privo di barba, stava cominciando a cadere e venarsi di piccole rughe. Non aveva avuto spesso a che fare con quell'uomo e personalmente aveva avuto poche occasioni di parlargli ma gli era sempre sembrato un Sians ineccepibile e depositario di grande saggezza e sapere. Altri membri della sua famiglia ricordavano con maggior affetto alcuni degli Aruth precedenti mentre Velthur non sopportava nessun religioso e metteva sempre in discussione la dottrina predicata dai diversi ordini.

giovedì 24 ottobre 2024

Lo specchio di Giano, i personaggi di Ati, Tatia e Velthur

 Prosegue la piccola rassegna e descrizione dei personaggi di "Lo specchio di Giano".  

Se Vulca, Holaie e Velia rappresentano i membri della mia famiglia da parte di padre, Tatia, Velthur e Ati, con l'aggiunta di Nacna, di cui si racconta la storia, incarnano i membri della famiglia da parte di madre.

Quest'ultima, nel testo, è Ati. Sarà la sua morte, a seguito di una lunga malattia, a dare a Steleth la forza per proseguire nel suo cammino. Ho rappresentato Ati negli ultimi momenti della sua vita, quelli che ricordo con maggiore dolore e che resteranno sempre impressi nella mia memoria. E' lei stessa, tramite l'autobiografia che lascia alla figlia, a raccontare la sua storia e quella dei suoi cari, Tatia, Nacna, Velthur e i suoi nonni. 

Ho provato a descrivere nel libro il rapporto che ho avuto con lei, a tratti molto burrascoso a causa delle forti posizioni che lei manteneva nei confronti di mio fratello e miei. Posizioni che spesso derivavano dalla delusione che aveva nei confronti della vita e dalla depressione che ne è conseguita. Dopo tre matrimoni terminati con il divorzio e non contenta del rapporto che aveva con noi figli, si chiuse in sé guardando al passato e alla vita che non l'aveva resa felice. Si era sempre assunta il peso di responsabilità che forse non erano nemmeno le sue e quel peso alla fine fu troppo da sostenere. Gli unici ricordi a cui ripensava con positività erano quelli legati ai suoi punti di riferimento da bambina e ragazza: non i suoi genitori (perse il padre quando aveva quattro anni e mia nonna fu sempre accusata in seguito di pensare a cercare un altro marito piuttosto che badare a lei), ma la nonna e la zia (Tatia).

Quest'ultima era legatissima a mia madre e poco prima di morire invocava il suo nome. La sua esistenza fu segnata da una malformazione alla retina che progrediva nel corso degli anni e per cui all'epoca non esisteva una cura. Nonostante fosse molto intelligente non poté, visto questo problema e il periodo storico molto difficile in cui era cresciuta, quello tra due guerre, proseguire gli studi oltre le elementari. Nulla però le impedì di diventare maestra di taglio o di amministrare il negozio di tabacchi che la madre prese in gestione dopo la seconda guerra mondiale. Aveva un carattere deciso e forte che l'ha portata a diversi scontri con i suoi fratelli o i nipoti. Tra questo rimase "epico" quello con il fratello Bruno (Velthur), che racconto nel volume, per cui non si parlarono per anni.

Lui era uno spirito libero che mal sopportava regole e costrizioni ed era amato da tutto il paese per questo. A casa, era molto più difficile gestirlo e le tensioni si facevano spesso sentire. Il riavvicinamento finale ci fu negli ultimi anni, quando era solo e voleva stare vicino alla sorella malata, la sorella con cui era cresciuto insieme.

Per Tatia, Velthur e Nacna, mi sono concessa anche questa volta un salto temporale dalla realtà. Quando mia madre è venuta a mancare, la zia era morta da anni mentre lo zio è scomparso pochi giorni prima di lei, come nel libro. Nacna è davvero morta diversi anni prima e vive nei ricordi degli altri personaggi e di Steleth. Si tratta del membro della mia famiglia che ha avuto l'esistenza maggiormente avventurosa, assieme al fratello, Velthur.

Per il racconto in versione fantastica vi rimando al libro.


Eccone un estratto dove Ati, nelle sue memorie, parla della madre:

Passò quindi al racconto della madre Nacna e nonna di Steleth, una strega d'acqua, slanciata, con le scaglie a ricoprire parte di braccia e gambe e la pinna dorsale appuntita tra le scapole. I capelli neri dai riflessi azzurri le scendevano mossi sulle spalle e quasi sembravano il mare:

“Oggi 5 anni fa è morta mia madre. Non ho pianto solo un momento, ho sentito che dentro di me si staccava qualcosa. Era molto vecchia, come diceva lei stessa, vecchia decrepita, e non riuscivo più a portarla sulle spalle. Per sette anni è stata ferma a letto bisognosa di tutte le cure. Per quattro anni è stata ricoverata in un ospedale. Poi l’ho riportata a casa con tutte le conseguenze. Mi sono spaccata la schiena a rigirarla per pulirla e fare tutto quanto il necessario. Ero talmente stanca che per questo non ho pianto. Ora la ricordo con un po’ più di distacco. Ha vissuto una vita degna di un racconto migliore di quello che scriverò io qui”.

Nacna era morta dopo una lunga malattia, cominciata con un male che sembrava incurabile ma da cui poi guarì, lasciando però strascichi pesanti che non le permisero più di riprendere la sua vita di prima, necessitando di cure continue. Le sue gambe ormai facevano fatica a reggerla e si spostava a fatica, quando accadde un fatto che la portò ad accasciarsi su se stessa. La vicina di casa, anch'ella anziana e con problemi di deambulazione, cadde e non riuscì più a rialzarsi. La trovarono morta nella sua stanza alcuni partenti che erano venuti a trovarla. Il terrore che anche a lei potesse succedere una cosa del genere la portò a stare a letto senza volersi più alzare. Non molto tempo dopo, non riuscì più a muoversi di là. Negli anni tutti si avvicendarono per accudirla: Velthur spesso le faceva da mangiare quando Ati non era presente, Steleth andava da lei, lasciando gli studi a Medhelan, Thefri quando aveva un po' di tempo dal lavoro anche andava a trovarla e a occuparsi di lei. Il peso maggiore però fu portato da Ati.

Questa fu la parte finale di una vita movimentata. Esuberante di carattere, crebbe durante la tirannia del Cavaliere Nero, e passò la vita intera a Vestres, a parte qualche viaggio nel paese del padre a trovare i cugini e in diverse grandi città. Da giovane Laronia e il marito avevano difficoltà a tenerla tranquilla: era attaccatissima al fratello Velthur, con cui combinarono da piccoli diversi disastri, non voleva assolutamente mangiare, tanto da far preoccupare per diverso tempo i genitori, le piaceva andare al mare e tuffarsi nell'acqua dagli scogli più alti, organizzava con un altro ragazzo, con cui rimasero amici tutta la vita, recite di teatro, aveva una vena artistica spiccata che la portava a disegnare e realizzare, in occasione delle feste religiose, opere a terra per la strada o nei templi con fiori, piante e diversi tipi di pigmenti. Se non fosse cresciuta in un periodo difficile forse avrebbe potuto coltivare questo suo dono ma la famiglia non poteva permetterselo e lei non era abbastanza determinata da realizzare questo sogno industriandosi in qualche maniera. Non scelse una strada da seguire tutta sua ma restò a casa ad aiutare in negozio, anche se, anche a detta di Ati, non faceva poi moltissimo. Preferiva aiutare dedicandosi alla cucina e qualche volta nel riassestare la casa. 

La guerra arrivò che aveva vent'anni e arrivò con il suo strascico di paura, povertà, mancanza per ogni cosa e per il fratello arruolato nella resistenza. Fu in quel momento che cominciò a frequentare quelle che rimasero le sue amiche per tanto tempo e videro le loro prime storie amorose. Quella che su Nacna lasciò un segno profondo, fu con un soldato. Erano molto innamorati l'uno dell'altra ma la storia finì in maniera tragica. Lui le donò un braccialetto prezioso ma lei, memore degli avvisi della madre che le diceva di non accettare doni che non avrebbe potuto ricambiare, non lo volle. Lui allora la ricattò: “Se non lo prendi allora lo rivendo e mi spendo i soldi in prostitute”. Nacna fu irremovibile e lui fece quello che aveva minacciato di fare. Ma ai soldati era vietato un comportamento del genere e per punizione fu inviato all'estremo fronte dell'Est, dove gli inverni sono rigidi e amplissime le distese di nulla. Non ritornò più. Quando il padre di Ati, parte di una ricca famiglia di contadini che prometteva almeno un po’ di sostentamento nel periodo del conflitto, la chiese in sposa Laronia acconsentì, non comprendendo le intenzioni della figlia, chiusasi nel silenzio, e Nacna non ebbe la forza di opporsi. L’unione fu breve e finì con la morte di lui: la nonna e Ati, che aveva vaghi ricordi, non ne raccontavano mai, per cui Steleth e Thefri del nonno sapevano ben poco.

Dopo la fine della guerra e il ritorno di Velthur, c’era tutto da ricostruire e Nacna rimase comunque in famiglia fino a che non conobbe quello che doveva essere il suo secondo marito. Un uomo buono e gentile, capace di fare il suo lavoro. Purtroppo, morì poco prima delle nozze. Ma qualche anno dopo, arrivò Agus, un marinaio, che stava via per la maggior parte dell’anno e con cui riuscì a sposarsi. L’unione andò avanti fino a quando Steleth non era piccola nonostante l’incompatibilità di carattere e tante difficoltà.

Nacna si trasferì nella casa dei suoceri, non lontano da Vestres, senza la figlia Ati che rimase con Laronia. Qui la vita della strega d'acqua non fu facile: dovette assistere i due anziani, che non si erano mai mostrati con lei disponibili e che le fecero passare brutti momenti. Quando mancarono, i due si ritrasferirono nuovamente a Vestres, nella casa attigua a quella di Laronia, riunendosi con la famiglia di lei. Dopo moltissimi litigi, infine, lui se ne andò, lasciandola nello sconforto. La donna si riprese prendendosi cura di Steleth che in quel periodo era una bambina: la portava con sé al tempio di Manth e Mania dove aiutava nella gestione del lavoro. Così, nonna e nipote rimasero molto legate.

“Era la maggiore, nata a Vestres, nel periodo della tirannia del Cavaliere Nero. – questo il racconto di Ati - In casa c’erano già le figlie del precedente matrimonio, Tatia e Lata, di sua madre poi arrivò il fratello Velthur e dopo ancora, quando ormai Laronia e il marito erano anziani, Ania. Cinque anni dopo, Lata morì di tubercolosi e probabilmente l’aria che si respirava in casa non era certo confortante. Dai racconti di mio zio, so che per gestire una famiglia così complicata mia nonna aveva trovato alcuni meccanismi di buon senso e ragionevolezza. Era necessario stare in negozio dalla mattina alla sera. Si era organizzata così: mandava a dormire con il padre mia mamma e mio zio e teneva fino alla chiusura del negozio la figlia di primo letto. Questo però provocava malumori e gelosie. Mia madre stravedeva per il fratello. Devo dire che lui fino alla fine si è ricordato di quello che mia mamma ha fatto per lui in gioventù. Quando è morta c’eravamo io e lui ed è morta serena e sorridente. La sua famiglia antica e quella nuova. E’ giusto così. Devo dire che mia madre era molto religiosa, frequentava il tempio di Manth e Mania tutti i giorni. La trovavo spesso a letto mentre leggeva un libro. Le chiedevo: “Che cosa stai facendo?”. “Non mi interrompere che prego Mania e se mi interrompo devo ricominciare da capo”. Pregava la dea perché le mantenesse i cinque sensi fino alla fine. E devo dire che è stato così. Quando è morta era lucida”.

mercoledì 16 ottobre 2024

Lo specchio di Giano, il personaggio di Thefri

Vi ho accennato più volte al fatto che nel romanzo fantasy ispirato agli Etruschi "Lo specchio di Giano" sia riassunta in versione fantastica la mia storia e quella dei rappresentanti della mia famiglia, a cui è dedicato il libro. Per questo il nome della protagonista, Steleth, deriva da una parola etrusca che significa “Insieme”. E altre parole di ispirazione etrusca danno il nome ad altri dei personaggi umani principali: Thefri, che significa fratello, Nacna, nonna, e Tatia, zia. 


Dopo aver analizzato diverse figure che compaiono nella storia, da Holaie a Thanaquil, vi parlerò della figura di Thefri, nel libro un Thisnaith, stregone d'acqua, come la madre Ati. Loro, nella realtà, sono sempre stati molto legati, tanto che spesso da ragazza rinfacciavo a mia madre di preferire in maniera spudorata mio fratello. Certo è che le affinità tra loro erano spiccate mentre io forse risultavo più simile a mio padre (Vulca nel testo), che a causa della separazione tra loro non ho frequentato come avrei dovuto. 

La storia del libro rispecchia una concordia tra fratelli che nella vita c'è stata soltanto negli ultimi anni: diverse volte abbiamo avuto diverbi pesanti e da ragazzi non abbiamo condiviso molto, vista la differenza d'età molto marcata. Il carattere del personaggio, infine, è più sfumato di quello dell'uomo: è più riflessivo e meno istintivo. La rabbia e la passionalità verranno fuori dopo la trasformazione nel dio dell'acqua e della tempesta. Mio fratello ha sempre amato il mare e le immersioni, quindi l'associazione a Nethuns nella redazione del libro è stata istantanea.

Mio fratello, infine, è stata una delle fonti, assieme agli altri famigliari, che mi ha permesso di ricostruire i caratteri dei membri della mia famiglia che ho perso da piccola. 

Da questo brano di Lo specchio di Giano, disponibile su Amazon e in libreria, emerge la determinazione del personaggio, di contro all'indecisione della sorella Steleth:

Le due donne intanto erano scese ed erano arrivate all'ingresso della torre, dove si trovavano altre guardie e il Thisnaith. Alla fine la strega aveva ceduto e, visto che si sentiva stremata, aveva acconsentito ad andare a casa. Thanaquil li accompagnò per un pezzo di strada in modo che guardie non sentissero quello che stavano dicendo.

“Hai parlato poi con i genitori di Crisoro? Andranno via?”, chiese Thanaquil allo stregone.

“Sono già andati via. Saranno dai loro cugini domani mattina all'alba”.

“Bene, ora andate. Torno dal prigioniero. Passate una buona notte, per quanto possibile”.

La sacerdotessa ritornò indietro e i due fratelli continuarono per il loro cammino.

“Thanaquil mi stava dicendo che hai notizie della zia”.

“Con i miei amici non ho trovato tracce di lei ma Virius mi ha raccontato che ha sentito la sua voce nel duello con Turno. E' stata lei a dirgli di colpirlo alla spalla. Potrebbe essere davvero che Crisoro l'abbia già fatta trasformare in Vesta?”.

“Anche i semplici defunti a volte intervengono nelle faccende dei vivi”.

“Sì, ma per i loro familiari. E nei nostri familiari non c'è Virius”.

Steleth si fermò: “Sì questo è vero. Ma il ragazzo potrebbe aver confuso la sua voce con quella di un'altra persona”.

“Non puoi invocarla? Gli dei spesso rispondono se chiamati. E con lei abbiamo un legame speciale. Non dobbiamo chiederle profezie o chissà che altro, solo chiederle un segno che ci faccia capire che ora è una immortale”.

“Va bene, ma spesso il segno inequivocabile non arriva. Vengono mandate solo tracce difficili da decifrare. Dobbiamo essere in un luogo sacro per un'invocazione. Domani mattina andremo al tempio di Manth e Mania”.

“No – la fermò il fratello. – Domani ci saranno altre cose che saranno urgenti, persone che avranno bisogno di cure e altri eventi che potrebbero frenarci. Poco sotto il tempio di Evan ci sono i ruderi del vecchio edifico sacro all'antica dea Uni, poi dedicato a Turms e distrutto durante la guerra dei Cinque anni senza che fosse più ricostruito. Andiamo lì adesso. Almeno sapremo qualcosa prima di rientrare a casa”.

Steleth annuì con la testa, facendosi trascinare dalla volontà del fratello.

Attraversarono le strette e scivolose strade dell'isola, ormai quasi totalmente al buio e poco dopo arrivarono ai resti, ospitati in una piccola area piana, un luogo privilegiato da cui ammirare l’intera Baia dell'Oblio, con il tempio degli dei infernali di fronte, e sotto, a picco, il mare di cui si sentiva il profumo e il suo leggero movimento.

Si posero davanti alla statua di Turms, l'unica cosa della struttura che era stata ricostruita. Con la fioca luce di un bastone che Steleth aveva acceso si riuscivano ancora a intravedere le figure scolpite ormai consumate dal tempo delle parti decorate che componevano il tetto del vecchio tempio, ora a terra. L'Arath si voltò verso Ovest, dove il sole tramonta, e fece per cominciare l'invocazione, quando si ricordò dello iugx che aveva trovato in biblioteca.

Lo estrasse dalla sacca che teneva sempre con sé e lo osservò attentamente.

“Proverò con questo”, disse.

“Cos'è?” chiese Thefri.

“Una trottola di Ecate, ha varie funzioni e serve anche a invocare gli dei”.

“Lo hai mai usato? Forse è meglio una via che hai già praticato”.

“E' uno strumento molto potente.”

Il fratello non pensò più a controbattere e decise di lasciarla fare.

Steleth avvolse l'oggetto magico nella cinghia per farlo ruotare, si appoggiò a una delle lastre di marmo del frontone che volgeva la sua parte interna e piatta verso l'alto e pronunciò queste parole:

“Dea del focolare e del fuoco sacro, dea a cui nessuno ha mai sollevato il velo e che alzi il tuo scettro sul mondo, mostrati a noi, se sei tornata tra gli eterni e dammi un cenno della tua presenza”.

Poi lanciò la trottola sul marmo. Questa rotolò lontano fermandosi ai piedi di un albero che era cresciuto in mezzo alle rovine.

Steleth lo riprese e riprovò. Lo iugx cadde ancora in quel punto. Ci provò ancora una volta con lo stesso risultato.

Ormai stanca, stava per compiere automaticamente nuovamente lo stesso procedimento quando Thefri la fermò.

“La pietra forse non va bene. Lo iugx va sempre lontano”.

“Le invocazioni vanno sempre fatte nei pressi delle statue o su qualche parte del tempio. Io probabilmente devo ancora fare pratica con questo strumento”.

“La trottola va sempre sotto quell'albero. Quali erano le piante sacre a Vesta?”.

“Il grano e il giuggiolo”.

“Quello è un giuggiolo se non mi sbaglio”.

Il Thisnaith avvicinò il bastone infuocato alla pianta e i due videro le caratteristiche foglie verdi e leggermente allungate dell’arbusto.

“Evidentemente è un segno”, disse lo stregone.

Steleth si portò allora sotto l'albero e disse ancora:

“Dea del focolare e del fuoco sacro, dea a cui nessuno ha mai sollevato il velo e che alzi il tuo scettro sul mondo, mostrati a noi, se sei tornata tra gli eterni e dammi un cenno della tua presenza”.

Lanciò nuovamente lo strumento, che questa volta si mise a roteare sempre nello stesso punto: la sua pietra centrale si illuminò leggermente spandendo bagliori rossi e lo strumento emise un suono simile a una risata di donna.

“Sta ridendo!”, esultò Thefri.

“Non è quello che si chiama un segno inequivocabile”.

Lo iugx stava ancora ruotando prodigiosamente su sé stesso, quando Steleth continuò:

“Vesta, che quando eri una Aisna hai protetto e fatto crescere la mia famiglia, mostrati a noi e rendici sicuri del tuo ritorno tra gli eterni”.

A quel punto la trottola girò ancora più velocemente, l'oro si illuminò e cambiò forma, prendendo quella delle vere trottole, e con la punta cominciò a muoversi sulla terra.

“Sta scrivendo”, disse Steleth.

Thefri si avvicinò per guardare.

“Cosa c'è scritto?”

“Sono caratteri arcaici... Spero di essere in grado di capirli. Ora... vi … “

Lo iugx girava veloce incidendo il suolo: “Ora vi vedo!”, lesse la strega.

L'oggetto magico smise di ruotare e luccicare e la scritta scomparve dalla terra.

Steleth scoppiò in lacrime si alzò e abbracciò il fratello: “Ora non può più succederle niente”, le disse lui.

Raccolto l'oggetto magico, i due, ormai stremati ma con un filo di speranza in più nel cuore, tornarono a casa.


lunedì 14 ottobre 2024

Giano, i confini, i limiti e i momenti di passaggio

 Vi ho introdotto le tipologie di personaggi che si possono incontrare nel testo e i luoghi in cui è ambientato il romanzo fantasy di ispirazione etrusca "Lo specchio di Giano". Ma non vi ho ancora descritto il protagonista del titolo e della copertina, il dio Giano, chiamato dagli etruschi Culsans.

Pur non essendo uno dei caratteri principali, il dio, che nel volume è il creatore dell'universo, assieme a Northia, la capricciosa dea del destino, avrà un grande ruolo nella vicenda.

Si parla molto nel testo di confini, limiti, inizi, momenti di passaggio: era questo che il dio proteggeva secondo gli antichi etruschi, romani e italici. Per questo è raffigurato con due volti, poiché e capace di guardare passato e futuro. Si tratta certamente di una delle divinità più affascinanti dell'universo latino.


Ecco il primo passo in cui si parla di Giano e della creazione dell'Universo:

“Una marea informe in un lento movimento, un fiume di materia amorfa che scorreva in uno spazio infinito e senza tempo: questo c'era al principio, quando esistevano solo gli eterni Northia, la dea del fato, che tutto comanda e tutto decide, e Giano, il padre di tutte le cose. La capricciosa e fatale dea decise in un punto di dare a quella massa un senso e le impresse un altro corso, impetuoso e vorticoso: fu da questo movimento che i diversi elementi si divisero, per poi riunirsi e mescolarsi, dando origine alle cose e al tempo. Giano, chiamato Culsans dal popolo dei Rasna, prima rimproverò Northia per la sua volubilità, poi vide che quello che si stava creando era buono e decise di procedere alla sua costituzione quando la dea, molto presto, si stufò del suo progetto. Il dio plasmò il Sole e tutti gli astri e i pianeti, poi arrivò alla Terra, che dotò di un satellite che la illuminasse anche durante la notte, di un centro di fuoco, una copertura di rocce e un'immensa quantità di acqua. Studiò, quindi, i movimenti che questi  corpi celesti dovevano compiere per mantenere il proprio vigore e la propria bellezza. Il nostro mondo fu quindi vestito da un manto di piante, per essere ancora più rigoglioso, un manto che cambiasse il suo aspetto a seconda delle diverse stagioni. Ma per controllare che ogni cosa stesse al suo posto e non si guastasse il tutto, c'era bisogno di una grande e continua attenzione da parte del dio. Fu così che Giano forgiò dalla polvere che vola libera nel cosmo altri eterni, che furono poi chiamati dei  Proteroi o  Primigeni e che prendono nomi diversi presso i differenti popoli: Satres fu chiamato a gestire il tempo, Semia la terra, Sethlans il fuoco, Thesan il movimento degli astri, Tinia il cielo e l'aria, Uni la vita e la fertilità, Nethuns  l'acqua. Questi i nomi degli immortali presso i Rasna.

La terra così bella e fiorita, con frutti e prodotti che nascevano in ogni dove, non aveva però abitanti che potessero goderne. Giano, dalle rocce e dall'acqua, dal legno, dall'aria e dal fuoco e da ogni altro elemento, forgiò gli animali, innumerevoli esseri che presero a correre nei prati e a nuotare nell'acqua, a volare nell'aria e a salire sugli alberi, fino alla loro morte, in cui il loro corpo tornava ad essere materia per dar vita ad un altro  vivente e la loro anima diventava libera dal mondo sensibile. Tinia, guardando quegli animali che, felici, dimoravano il mondo, volle creare anche dei mortali speciali, che fossero simili agli dei, in modo che gli eterni avessero sulla terra una loro controparte capace di costruire, creare e riflettere. Questi sarebbero stati legati indissolubilmente agli dei e sarebbero stati i loro prediletti: gli immortali, Viaggiatori del Tempo, li avrebbero protetti da pericoli e avversità e favorito chi li avesse onorati e rispettati; mentre i mortali, Passeggeri nel mondo, con la loro devozione avrebbero aumentato il potere dell'uno e dell'altro dio a seconda dell'intensità della loro fede verso di lui. Questi animali erano gli umani, divisi in diverse classi, a seconda delle loro inclinazioni: gli uomini, intelligenti e operosi; i Fauni, legati alla sfera delle selve; i diversi tipi di Streghe, da cui cominciò a diffondersi nel mondo la magia; i Centimani e i Ciclopi, noti per la loro forza, i Pigmei, i Blemmi, le Gorgadi, le Sirene e i Tritoni, che abitavano i mari, e tutti gli altri.

L'universo, così, fu completo e retto dalla sapienza degli dei ma sempre piegato al volere di Northia”.


martedì 8 ottobre 2024

Lo specchio di Giano, gli dei e i demoni

 Dei capricciosi, volubili e a volte crudeli, decadenti o vendicativi: sono questi gli immortali del fantasy "Lo specchio di Giano". Oltre al dio bifronte, gli immortali presenti nel volume sono numerosissimi e sono ripresi per lo più dalla cultura etrusca ma non solo. Accanto a Aplu, Turan, Nethuns, Manth, Voltumna e molti altri, ci sono anche altri dei romani o italici come Vesta e Angizia ma anche dei di altre culture antiche come Belanu. Il dio reggente, Maris, invece,  una divinità etrusca minore di cui si sa poco. Ho scelto il suo nome perché mi dava l'occasione di forgiare un personaggio più moderno e più combattuto. 

Come in ogni fantasy che si rispetti, non può mancare una nutrita schiera di demoni, mostri e spiriti, soprattutto infernali ma mi fermo qui per non "spoilerare" troppo.

Per caratteri e le descrizioni degli immortali ho guardato soprattutto agli dei descritti nei grandi classici della letteratura antica, "contaminati" da accenti più contemporanei o spunti provenienti da fonti di diverso genere a cui si rifà anche il topos del concilio degli dei, a cui ho voluto aggiungere un po' di ironia.

Eccone un passo:

“Se sappiamo dove è Esclulapio abbiamo un elemento importante per intavolare una trattativa con Aplu. Visto che noi non riusciamo a scovarlo in nessun modo, dobbiamo chiedere agli uomini un aiuto per capire dove si trova. Qualcuno di noi deve manifestarsi ai mortali”, ordinò il reggente.

“Uhhh”, dissero gli altri in coro, trasalendo.

“Io no, Maris, l'ultima volta che l'ho fatto si è creato un equivoco che ha quasi portato a una guerra”, rispose Manth.

“Io ho quasi fatto morire il sacerdote che ha raccolto il mio messaggio”, affermò Turms.

“Non puoi andare tu, per una cosa così importante, Maris?” chiese Evan.

“Le leggi stabilite vogliono che il dio reggente si debba interfacciare con l'Aruth ma non me la sento di fidarmi di lui, visto che sta combattendo per il suo Regno ma soprattutto per sé. Eviterò di mandargli segnali per il momento”, rispose Maris.

“Secondo me, dobbiamo coinvolgere maggiormente l'autorità civile di Vestres. Il rector Mocezio ha sempre dato prova di correttezza sia verso gli uomini, sia verso gli dei“, affermò Vesta.

“Sì è vero. - annuì il reggente – Turms, sei tu il nostro messaggero. Dovrai manifestarti a lui ed esporgli la nostra richiesta. Ovviamente, cerca di non ucciderlo!”.

Il dio dai calzari alati acconsentì con un sospiro.

Il libro è disponibile online e in libreria.







Lo specchio di Giano e gli oggetti magici: dal lituo alla trottola di Ecate

 Credo che non ci siano romanzi fantasy in cui non compaiano oggetti magici di diversi tipi e con diverse funzioni, dai libri, agli amulet...