lunedì 26 febbraio 2024

27 febbraio 380, viene emesso l'editto di Tessalonica

 Il 27 febbraio del 380 d.C. venne emesso dagli imperatori Graziano, Teodosio I e Valentiniano II l'editto di Tessalonica, conosciuto anche come Cunctos populos, che dichiarava il cristianesimo secondo i canoni del credo niceno la religione ufficiale dell'impero romano, proibendo l'arianesimo e i culti pagani. Per combattere l'eresia si pretese da tutti i cristiani la confessione di fede conforme alle deliberazioni del concilio di Nicea. La nuova legge riconobbe alle due sedi episcopali di Roma e Alessandria d'Egitto il primato in materia di teologia.

Questo documento diede inizio a un processo in base al quale una verità dottrinale veniva imposta come legge dello Stato e la dissidenza religiosa si trasformava giuridicamente in crimen publicum.

L'imperatore Teodosio I

A questo editto ne seguirono altri. 

Nel 391-392, i Decreti teodosiani inasprirono le proibizioni verso i culti pagani, dando il via a una vera e propria persecuzione del Paganesimo. Furono distrutti molti templi e vennero avallati atti di violenza contro il paganesimo. Qualche anno più tardi, nel 416 un editto dell'imperatore romano d'Oriente Teodosio II stabilì che soltanto i cristiani potevano svolgere la funzione di giudice, rivestire cariche pubbliche ed arruolarsi nell'esercito. Nel 423 Teodosio II dichiarò che tutte le religioni pagane non erano altro che "culto del demonio" ed ordinò, per tutti coloro che persistevano a praticarle, punizioni severe.

Nel 445, Valentiniano III emanò un editto che contribuì all'affermazione dell'autorità e del primato della sede vescovile di Roma in Occidente: questa legge riconosceva pienamente il primato giurisdizionale del papato.

La politica degli imperatori successivi si basò sul presupposto che l'unità dell'impero richiedesse anche un'unità religiosa. Così Giustiniano impose pesanti restrizioni a tutte le religioni non cristiane. 

Quello del passaggio dal Paganesimo al Cristianesimo è un periodo storico che mi ha sempre affascinato soprattutto per quanto riguarda quello che del Paganesimo e dei suoi riti è rimasto nelle epoche successive. Attualmente sono impegnata in un lavoro sul tema. Spero di aggiornarvi presto!


sabato 24 febbraio 2024

25 febbraio del 1707. Nasce Carlo Goldoni

 Se i grandi poeti vissuti a cavallo tra il 1700 e il 1800 mi hanno accompagnato soprattutto nella fase giovanile, tra gli autori che ho cominciato ad apprezzare quando, per seguire l'Università, mi sono Trasferita a Milano, c'è Carlo Goldoni, di cui oggi ricorre l'anniversario della nascita, avvenuta il 25 febbraio del 1707. Il luogo in cui ho imparato ad amarlo è, ovviamente, il teatro, che frequentavo soprattutto con mia madre, ma anche l'Ateneo ha fatto la sua parte: una sezione della mia tesi è stata dedicata al libretto d'opera La bella verità, musicato da Niccolò Piccinni. Il lavoro ha come personaggi un impresario teatrale e un gruppo di attori. Eccone un brano:

La provida natura

comparte i doni suoi;

ma devonsi da noi

coll'arte coltivar.

Né mai sarà un pastore

un abile nocchiero,

né condurrà un guerriero

gli armenti a pascolar.

Carlo Goldoni è uno degli autori teatrali più noti e importanti della storia. E' conosciuto soprattutto per la riforma del teatro: prima di lui c'era la commedia all'improvviso, nella quale gli attori non avevano un testo scritto da studiare e da seguire durante le rappresentazioni bensì solo una traccia generale da seguire, detta canovaccio. Goldoni fu il primo a volere un testo interamente scritto per ogni attore, verso il progressivo distacco dalla commedia dell'arte che dominava da quasi due secoli.


Il suo pensiero è caratterizzato da un illuminismo popolare, che critica ogni forma di ipocrisia dando importanza alla classe sociale dei piccoli borghesi. Goldoni aspira a un mondo pacifico e razionale, accettando le gerarchie sociali. Secondo Goldoni, un uomo si può affermare indipendentemente dalla classe cui appartiene, attraverso l'onore e la reputazione di fronte all'opinione pubblica. 

L'opera più famosa che coincide con quella che ho amato di più è La locandiera di cui riporto il finale:


Ecco, infine, cinque curiosità sull'autore:

Record di opere. Goldoni fu uno scrittore davvero prolifico. Solo le commedie superano il numero di duecento, scritte in circa sessanta anni. Nel conteggio non rientrano opere giovanili come poesie e poemi satirici.

Vita movimentata. Lo scrittore fin da piccolo ha viaggiato in lungo e in largo in Italia e non solo, finendo per soggiornare in svariate città italiane: Venezia, dove è nato il 25 febbraio del 1707, Perugia, Rimini, Chioggia, Pavia, Modena, Padova, Verona, Genova, dove conosce la moglie, Nicoletta Conio, Pisa, Livorno e infine Parigi.

Console di Genova. Nel capoluogo ligure Goldoni conobbe, come abbiamo appena accennato, la moglie Nicoletta Conio. Il suocero era un notaio del Banco di San Giorgio e fece avere a Carlo un incarico di un certo pregio: console di Genova presso la Serenissima Repubblica di Venezia.

Librettista. Oltre a commedie e tragicommedie Carlo scrisse anche diversi libretti d'opera come La bella verità e Le donne vendicate musicati da Niccolò Piccinni, L'amore artigiano, Il filosofo di campagna, Griselda con la musica di Antonio Vivaldi, Gustavo primo re di Svezia, Il mondo della luna, Lo speziale.

Personaggio. La figura di Carlo Goldoni ispirò a lungo i drammaturghi tanto che, a cavallo tra Settecento e Novecento, la produzione italiana registrò numerose commedie che riportavano Goldoni tra i personaggi. Tra queste, Le gare fra poeti di Giuseppe Gatti, Carlo Goldoni fra' comici di Gaetano Fiorio, Madamigella Clairon di Giovan Carlo Cosenza, Goldoni in convento di Napoleone Girotto fino ad arrivare a L'armata dei sonnambuli di Wu Ming del 2014. Inoltre Goldoni è apparso come personaggio in alcuni film.

lunedì 19 febbraio 2024

Lo specchio di Giano, i personaggi di Vulca, Holaie e Velia

 Vi ho già raccontato di come "Lo specchio di Giano" sia un romanzo corale e vi ho spiegato come vi sia riassunta in versione fantastica la mia storia e quella dei rappresentanti della mia famiglia originaria, a cui è dedicato il libro. Ma sarebbe meglio dire, le due famiglie originarie...

Avendo avuto una vita famigliare molto movimentata da bambina, con i miei genitori che si sono separati, ho sempre vissuto un forte dualismo se non una vera e propria contrapposizione tra i parenti dalla parte di mia madre e tra quelli della parte di mio padre. Purtroppo con i secondi, papà compreso, ho potuto condividere molto meno tempo ed esperienze.

Ed è con loro che prenderà il via una piccola rassegna e descrizione dei personaggi dell'ebook. A partire da Vulca, il padre della protagonista Steleth, ossia il personaggio di mio papà. Si tratta del carattere che per me è stato più difficile da rappresentare: in mio padre hanno sempre convissuto caratteristiche ed elementi contradditori, come l'allegria e la simpatia da un lato, l'ansia e la prevaricazione nei confronti di mia madre dall'altro. Inoltre, mio padre è venuto a mancare, dopo una lunga malattia, quando avevo già iniziato il libro e questo mi ha portato a ricordare fatti e avvenimenti dolorosi o spiacevoli. Ho dato a lui il nome di un artista etrusco, Vulca, più per la somiglianza con il nostro cognome che per il parallelismo con il suo lavoro. Infatti, era insegnante di educazione tecnica alle scuole medie. 

Per quanto riguarda, invece, Holaie, versione etrusca di Iolanda, nome reale di mia nonna, e Velia, la sorella, a cui ho dato un nome simile a quello vero, mi sono presa una grossa libertà nel racconto: entrambe sono morte quando io ero molto piccola e ho potuto passare con loro davvero poco tempo. Nella storia, ho provato a rappresentare una possibile vita con loro e immaginarmi come potessero essere realmente, aiutata in questo dai racconti dei miei genitori e di mio fratello. 

Mia nonna, come potete leggere nel lungo racconto della storia della famiglia nel testo, era nata con la lussazione dell'anca da entrambe le parti e questo la ostacolò per tutta la vita. Questo problema non le impedì, però, di sviluppare un carattere molto forte e una laboriosità fuori dal comune: sia mia madre sia mia fratello la ricordano seduta alla macchina da cucire dove stava per gran parte del giorno. "Come era abile e veloce nel rattoppare i vestiti e aggiustarli, così cercava di fare anche con noi: metteva una pezza dove poteva, quando andavo da lei perché i nostri genitori avevano litigato e mi avevano lasciato da solo", mi ha raccontato mio fratello. 

La sorella era anch'essa dotata di un carattere particolarmente forte e avrebbe fatto di tutto per la sua famiglia. Essendo andato male per lei il matrimonio, conseguentemente alla perdita di una bambina, mise tutto il suo impegno nella famiglia della sorella. A lei devo il racconto della loro storia, che ci ha lasciato tramite mio padre.

Lei e Iolanda, come racconto anche nel volume, hanno trattato mio padre "come un principe", su loro stessa ammissione. A mia nonna sembrava quasi un miracolo che il figlio fosse nato senza lussazione dell'anca e lo viziava, assieme alla sorella, in ogni modo. 

Nel testo, si accenna anche a mio nonno, impersonato da Cicnu, di cui viene raccontata la vicenda da Velia e da Ati (madre di Steleth). Mio nonno, di nome Giuseppe, morì quando mio fratello era appena nato e non l'ho mai potuto conoscere. Di lui, come spesso succede, mi sono arrivate testimonianze contradditorie: quelle di mio padre, anche se in realtà ne parlava sempre pochissimo, quelle di mia madre, che credo fosse la persona più obiettiva, e quelle riportare dal racconto di mia zia. Purtroppo non potrò mai sapere come sono andate realmente le cose.

Ecco la descrizione dei tre personaggi, che potete trovare anche su Wattpad:

Più in disparte rispetto alla folla, su un lato della piazza, c'era il padre, Vulca, un Usilth, stregone di aria e di cielo. Nonostante l'età stesse avanzando inesorabile anche per lui, aveva ancora un aspetto piacente: non era molto alto ma aveva un fisico curato, capelli mossi, dalla lunghezza media, con una leggera stempiatura, viso ovale, con gli zigomi leggermente alti, mento stretto con la fossetta, che il viso di Thefri aveva ripreso, naso dalla punta larga che ricordava quello della figlia, la carnagione chiara, quasi bianca, della sua classe, occhi verdi e labbra carnose. Si era sempre distinto per la sua eleganza, grazie anche al lavoro e alla dedizione della madre, che confezionava abiti per mestiere, e portava un chitone in lana azzurra, con bordi di tre colori, su cui era appoggiata una tebenna verde scuro con orlo rosso, decorato con motivi a losanghe candide. Stava parlando, mentre passeggiavano lentamente avanti e indietro, proprio con sua madre, Holaie, Arath anziana e claudicante fin dalla nascita con capelli grigi, raccolti in una lunga treccia, viso allungato e un poco rugoso, espressivi occhi scuri, naso sottile e bocca fine, color nocciola, che sorrideva poco. A incorniciarlo gioielli sottili, in filigrana, che riproducevano diversi fiori. La sua lunga tunica era del colore della senape ed era coperta anche sul capo da un pesante mantello glicine. Con loro, la sorella maggiore di lei e zia di Vulca, Velia, anch'ella Arath, più alta e robusta rispetto a Holaie, con i capelli grigi raccolti in una crocchia, con il volto ovale ma dalla mascella più pronunciata, gli occhi scuri e larghi, naso grazioso ma lievemente ossuto e bocca larga, scurissima e sempre sorridente. Il suo chitone era blu intenso con bordi a motivi geometrici di diversi colori mentre il suo mantello era verde e foderato di rosso, con l'orlo cucito con fili d'argento.

La famiglia di Vulca dopo la separazione - ma in realtà anche in precedenza - non aveva mai avuto buoni rapporti con quella di Ati. Ora chi salutare prima del suo litigioso clan, senza offendere nessuno?Tolse Steleth da questo impiccio il fratello, che, vedendola arrivare, prese per mano Tatia e si diresse verso di lei. Un sorriso, un abbraccio e anche un po' di commozione da parte dell'anziana che non incontrava da tempo la nipote, poi le parole:"Bentornata Steleth, sono felice di ritrovarti in questo momento. Sembra che le fatiche per noi vecchi non siano finite mentre voi siete chiamati a dimostrare il vostro valore!"."Anche io sono felice di essere tornata, zia! Ma che cosa posso mettere a disposizione io, semplice Arath, per la difesa del Regno?"."Tutti hanno le capacità di compiere grandi azioni. Sapremo presto che cosa ci viene chiesto dagli dei", rispose la donna.

Mentre anche Velthur, Holaie, Velia e Vulca si stavano avvicinando per salutarla, un gruppo di Ministri del destino, i sacerdoti depositari del culto di Maris assieme all'Aruth, uscì dal tempio e si dispose in fila davanti al basamento dell'edificio, lasciando uno spazio in mezzo a loro.



venerdì 16 febbraio 2024

17 febbraio 1600. Giordano Bruno viene arso al rogo in Campo de' Fiori a Roma

E chi mi impenna, e chi mi scalda il core? 

Chi non mi fa temer fortuna o morte? 

Chi le catene ruppe e quelle porte,

Onde rari son sciolti ed escon fore?

L'etadi, gli anni, i mesi, i giorni e l'ore

Figlie ed armi del tempo, e quella corte

A cui né ferro, né diamante è forte, 

Assicurato m'han dal suo furore. 

Quindi l'ali sicure a l'aria porgo;

Né temo intoppo di cristallo o vetro,

Ma fendo i cieli e a l'infinito m'ergo.

E mentre dal mio globo a gli altri sorgo,

E per l'eterio campo oltre penetro:

Quel ch'altri lungi vede, lascio al tergo. 

Di Photo2021 - Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=98534381

"Forse tremate più voi nel pronunciare questa sentenza che io nell’ascoltarla": sono queste, secondo le testimonianze dell'epoca, le parole che pronunciò Giordano Bruno, icona del libero pensiero, di fronte al Tribuna­le dell’Inquisizione che lo condan­nava a morte per eresia. 

Non aveva abiurato e la sentenza, che gli venne letta l’8 febbraio 1600, era ir­revocabile. Il 17 febbraio il filosofo nolano venne arso vivo in Campo de’ fiori a Roma, dove fu portato con la bocca serrata dalla mordacchia, per­ché non parlasse. 

Esponente del naturalismo rinascimentale, Bruno fondeva le più diverse tradizioni filosofiche dal materialismo antico al copernicanesimo, accentando la rivoluzionaria teoria eliocentrica, dal mondo classico all'ermetismo, rimanendo saldo attorno al principio dell’infinito. Il filosofo riteneva, infatti, che l'universo fosse infinito, non più chiuso in sé stesso e per questo perfetto, ma dilatato ed ineffabile, consequenziale effetto di un Dio infinito, fatto di mondi innumerevoli. Secondo il nolano Dio è nella natura di tutte le cose e la terra, che gira intorno al Sole, è dotata di un’anima immortale. Il valore dell’uomo non è nel possesso della verità ma nella costante ricerca di essa attraverso quell’"eroi­co furore" che rende libera l’umanità.

Tra le sue opere citiamo La Cena de le ceneri, De la causa principio et uno, De l’infinito universo et mondi, Spaccio de la bestia trionfante, De gli eroici furori, De minimo, De monade, De immenso et innumerabilibus, Il candelaio.


mercoledì 14 febbraio 2024

L'Orlando Furioso di Ludovico Ariosto

 Oggi vi parlo della mia ultima sfida "librosa": le 4.842 ottave dell'Orlando Furioso

La lettura è arrivata dopo quella dell'Orlando Innamorato di Matteo Maria Boiardo, opera incompiuta che Ludovico Ariosto ha completato con il suo capolavoro (ve ne ho parlato qui).

Arrivando dallo stile più "colloquiale" e leggero di Boiardo, ho fatto un po' di fatica all'inizio e visto anche che l'Innamorato mi era piaciuto parecchio ho faticato ad apprezzare il poema prima dei primi dieci canti. Dopo è stato un trionfo! 

Nonostante la trama complicatissima, l'autore ci accompagna in una storia avvincente e ricca di colpi di scena senza farci perdere troppo il filo grazie a continui rimandi e commenti della voce narrante. Questo è un elemento molto presente soprattutto all'inizio dei canti, dove spesso il narratore parte da considerazioni di carattere generale per poi tornare alla storia. 

Al centro del poema, ancora una volta i duelli, le battaglie e l'amore, con Angelica come motore principale, fino al finale, con un bellissimo omaggio all'Eneide di Virgilio. L'amore, accompagnato da una vasta gamma di sentimenti umani, è visto come un sentimento irrazionale a cui è quasi impossibile resistere. Altre tematiche sono lo spirito cavalleresco, la magia e l'omaggio agli Este. I personaggi sono descritti dettagliatamente o ognuno ha un suo carattere che ce lo apprezzare o che lo rende meno simpatico rispetto ad altri.

La lingua è molto diversa da quella del suo precessore, che era ricca di forme tipiche delle parlate settentrionali che si mescolavano al toscano e ad espressioni latineggianti. Infatti, la lingua è quella teorizzata dal Bembo, imbrigliata in una forma metrica perfetta.   

I personaggi che mi hanno coinvolto di più? Astolfo, Sacripante, Rodomonte, Marfisa, Bradamante, Brandimarte e Fiordelisa.


Di seguito alcune citazioni:

Quel che l’uom vede, Amor gli fa invisibile,
e l’invisibil fa vedere Amore.
Questo creduto fu; che ’l miser suole
dar facile credenza a quel che vuole.

Questi ch’indizio fan del mio tormento,
sospir non sono, né i sospir son tali.
Quelli han triegua talora; io mai non sento
che ’l petto mio men la sua pena esali.
Amor che m’arde il cor, fa questo vento,
mentre dibatte intorno al fuoco l’ali.
Amor, con che miracolo lo fai,
che’n fuoco il tenghi, e nol consumi mai?

A donna non si fa maggior dispetto 
che quando vecchia o brutta le vien detto

L'amante, per aver quel che desia, 
senza guardar che Dio tutto ode e vede, 
aviluppa promesse e giuramenti, 
che tutti spargon poi per l'aria i venti

 Che dolce piú, che piú giocondo stato
saria di quel d’un amoroso core?
che viver piú felice e piú beato,
che ritrovarsi in servitú d’Amore?
se non fosse l’uom sempre stimulato
da quel sospetto rio, da quel timore,
da quel martír, da quella frenesia,
da quella rabbia detta gelosia.

  Si vede per gli essempii di che piene
sono l’antiche e le moderne istorie,
che ’l ben va dietro al male, e ’l male al bene,
e fin son l’un de l’altro e biasmi e glorie;
e che fidarsi a l’uom non si conviene
in suo tesor, suo regno e sue vittorie,
né disperarsi per Fortuna avversa,
che sempre la sua ruota in giro versa.

Alle squalide ripe d’Acheronte,
sciolta dal corpo piú freddo che giaccio,
bestemmiando fuggí l’alma sdegnosa,
che fu sí altiera al mondo e sí orgogliosa.

martedì 13 febbraio 2024

Il mercoledì delle ceneri

 Ho ricordato l'anno scorso e lo farò anche quest'anno, il 17 febbraio, la morte di Giordano Bruno. Oggi, mercoledì delle ceneri, riporto una sua frase tratta dal dialogo "La cena delle ceneri", che si svolge proprio in questa ricorrenza, il primo giorno di Quaresima dopo il Carnevale.

Teofilo, il personaggio portatore delle teorie del filosofo, afferma:

Venca dunque la perseveranza, perché, se la fatica è tanta, il premio non sarà mediocre. Tutte cose preziose son poste nel difficile. Stretta e spinosa è la via de la beatitudine; gran cosa forse ne promette il cielo.

Foto di Thomas Griesbeck su Unsplash



lunedì 5 febbraio 2024

6 febbraio 1778, nasce Ugo Foscolo

 Il 6 febbraio del 1778 nacque a Zante Nicolò Foscolo, che in seguito assunse il nome di Ugo in omaggio a Ugo di Bassville. Si tratta di uno dei principali letterati del neoclassicismo e del preromanticismo italiano. 

E' uno degli autori che amo di più e mi piace ricordarlo con la pagina delle Ultime Lettere di Jacopo Ortis in cui descrive la mia Liguria. Il protagonista, nel passo riportato, non guarda al mare e ai borghi che sorgono sulle sue rive ma alla parte più desolata ella regione, quella dei pendii e dei rilievi, a tratti quasi inaccessibile.

Dopo aver vagato senza meta attraverso l’Italia, Jacopo giunge al confine di Ventimiglia. Da qui egli aveva pensato di entrare in Francia, poi cambia idea e decide di tornare ai colli Euganei. Scrive così una lettera nella quale lo spettacolo della natura, in questo caso le Alpi Marittime, gli suggerisce un’approfondita riflessione sulla tragicità della condizione umana:

Alfine eccomi in pace! – Che pace? stanchezza, sopore di sepoltura. Ho vagato per queste montagne. Non v’è albero, non tugurio, non erba. Tutto è bronchi; aspri e lividi macigni; e qua e là molte croci che segnano il sito de’ viandanti assassinati. 

– Là giù è il Roja, un torrente che quando si disfanno i ghiacci precipita dalle viscere delle Alpi, e per gran tratto ha spaccato in due questa immensa montagna. V’è un ponte presso alla marina che ricongiunge il sentiero. Mi sono fermato su quel ponte, e ho spinto gli occhi sin dove può giungere la vista; e percorrendo due argini di altissime rupi e di burroni cavernosi, appena si vedono imposte su le cervici dell’Alpi altre Alpi di neve che s’immergono nel Cielo e tutto biancheggia e si confonde – da quelle spalancate Alpi cala e passeggia ondeggiando la tramontana, e per quelle fauci invade il Mediterraneo. La Natura siede qui solitaria e minacciosa, e caccia da questo suo regno tutti i viventi.

I tuoi confini, o Italia, son questi! ma sono tutto dì sormontati d’ogni parte dalla pertinace avarizia9 delle nazioni. Ove sono dunque i tuoi figli? Nulla ti manca se non la forza della concordia.



Lo specchio di Giano e gli dei

 Avendo deciso di scrivere un romanzo ispirato agli Etruschi e ai popoli antichi non ho potuto fare a meno, in Lo specchio di Giano , di da...