mercoledì 14 febbraio 2024

L'Orlando Furioso di Ludovico Ariosto

 Oggi vi parlo della mia ultima sfida "librosa": le 4.842 ottave dell'Orlando Furioso

La lettura è arrivata dopo quella dell'Orlando Innamorato di Matteo Maria Boiardo, opera incompiuta che Ludovico Ariosto ha completato con il suo capolavoro (ve ne ho parlato qui).

Arrivando dallo stile più "colloquiale" e leggero di Boiardo, ho fatto un po' di fatica all'inizio e visto anche che l'Innamorato mi era piaciuto parecchio ho faticato ad apprezzare il poema prima dei primi dieci canti. Dopo è stato un trionfo! 

Nonostante la trama complicatissima, l'autore ci accompagna in una storia avvincente e ricca di colpi di scena senza farci perdere troppo il filo grazie a continui rimandi e commenti della voce narrante. Questo è un elemento molto presente soprattutto all'inizio dei canti, dove spesso il narratore parte da considerazioni di carattere generale per poi tornare alla storia. 

Al centro del poema, ancora una volta i duelli, le battaglie e l'amore, con Angelica come motore principale, fino al finale, con un bellissimo omaggio all'Eneide di Virgilio. L'amore, accompagnato da una vasta gamma di sentimenti umani, è visto come un sentimento irrazionale a cui è quasi impossibile resistere. Altre tematiche sono lo spirito cavalleresco, la magia e l'omaggio agli Este. I personaggi sono descritti dettagliatamente o ognuno ha un suo carattere che ce lo apprezzare o che lo rende meno simpatico rispetto ad altri.

La lingua è molto diversa da quella del suo precessore, che era ricca di forme tipiche delle parlate settentrionali che si mescolavano al toscano e ad espressioni latineggianti. Infatti, la lingua è quella teorizzata dal Bembo, imbrigliata in una forma metrica perfetta.   

I personaggi che mi hanno coinvolto di più? Astolfo, Sacripante, Rodomonte, Marfisa, Bradamante, Brandimarte e Fiordelisa.


Di seguito alcune citazioni:

Quel che l’uom vede, Amor gli fa invisibile,
e l’invisibil fa vedere Amore.
Questo creduto fu; che ’l miser suole
dar facile credenza a quel che vuole.

Questi ch’indizio fan del mio tormento,
sospir non sono, né i sospir son tali.
Quelli han triegua talora; io mai non sento
che ’l petto mio men la sua pena esali.
Amor che m’arde il cor, fa questo vento,
mentre dibatte intorno al fuoco l’ali.
Amor, con che miracolo lo fai,
che’n fuoco il tenghi, e nol consumi mai?

A donna non si fa maggior dispetto 
che quando vecchia o brutta le vien detto

L'amante, per aver quel che desia, 
senza guardar che Dio tutto ode e vede, 
aviluppa promesse e giuramenti, 
che tutti spargon poi per l'aria i venti

 Che dolce piú, che piú giocondo stato
saria di quel d’un amoroso core?
che viver piú felice e piú beato,
che ritrovarsi in servitú d’Amore?
se non fosse l’uom sempre stimulato
da quel sospetto rio, da quel timore,
da quel martír, da quella frenesia,
da quella rabbia detta gelosia.

  Si vede per gli essempii di che piene
sono l’antiche e le moderne istorie,
che ’l ben va dietro al male, e ’l male al bene,
e fin son l’un de l’altro e biasmi e glorie;
e che fidarsi a l’uom non si conviene
in suo tesor, suo regno e sue vittorie,
né disperarsi per Fortuna avversa,
che sempre la sua ruota in giro versa.

Alle squalide ripe d’Acheronte,
sciolta dal corpo piú freddo che giaccio,
bestemmiando fuggí l’alma sdegnosa,
che fu sí altiera al mondo e sí orgogliosa.

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