Prosegue la piccola rassegna e descrizione dei personaggi di "Lo specchio di Giano".
Se Vulca, Holaie e Velia rappresentano i membri della mia famiglia da parte di padre, Tatia, Velthur e Ati, con l'aggiunta di Nacna, di cui si racconta la storia, incarnano i membri della famiglia da parte di madre.
Quest'ultima, nel testo, è Ati. Sarà la sua morte, a seguito di una lunga malattia, a dare a Steleth la forza per proseguire nel suo cammino. Ho rappresentato Ati negli ultimi momenti della sua vita, quelli che ricordo con maggiore dolore e che resteranno sempre impressi nella mia memoria. E' lei stessa, tramite l'autobiografia che lascia alla figlia, a raccontare la sua storia e quella dei suoi cari, Tatia, Nacna, Velthur e i suoi nonni.
Ho provato a descrivere nel libro il rapporto che ho avuto con lei, a tratti molto burrascoso a causa delle forti posizioni che lei manteneva nei confronti di mio fratello e miei. Posizioni che spesso derivavano dalla delusione che aveva nei confronti della vita e dalla depressione che ne è conseguita. Dopo tre matrimoni terminati con il divorzio e non contenta del rapporto che aveva con noi figli, si chiuse in sé guardando al passato e alla vita che non l'aveva resa felice. Si era sempre assunta il peso di responsabilità che forse non erano nemmeno le sue e quel peso alla fine fu troppo da sostenere. Gli unici ricordi a cui ripensava con positività erano quelli legati ai suoi punti di riferimento da bambina e ragazza: non i suoi genitori (perse il padre quando aveva quattro anni e mia nonna fu sempre accusata in seguito di pensare a cercare un altro marito piuttosto che badare a lei), ma la nonna e la zia (Tatia).
Quest'ultima era legatissima a mia madre e poco prima di morire invocava il suo nome. La sua esistenza fu segnata da una malformazione alla retina che progrediva nel corso degli anni e per cui all'epoca non esisteva una cura. Nonostante fosse molto intelligente non poté, visto questo problema e il periodo storico molto difficile in cui era cresciuta, quello tra due guerre, proseguire gli studi oltre le elementari. Nulla però le impedì di diventare maestra di taglio o di amministrare il negozio di tabacchi che la madre prese in gestione dopo la seconda guerra mondiale. Aveva un carattere deciso e forte che l'ha portata a diversi scontri con i suoi fratelli o i nipoti. Tra questo rimase "epico" quello con il fratello Bruno (Velthur), che racconto nel volume, per cui non si parlarono per anni.
Lui era uno spirito libero che mal sopportava regole e costrizioni ed era amato da tutto il paese per questo. A casa, era molto più difficile gestirlo e le tensioni si facevano spesso sentire. Il riavvicinamento finale ci fu negli ultimi anni, quando era solo e voleva stare vicino alla sorella malata, la sorella con cui era cresciuto insieme.
Per Tatia, Velthur e Nacna, mi sono concessa anche questa volta un salto temporale dalla realtà. Quando mia madre è venuta a mancare, la zia era morta da anni mentre lo zio è scomparso pochi giorni prima di lei, come nel libro. Nacna è davvero morta diversi anni prima e vive nei ricordi degli altri personaggi e di Steleth. Si tratta del membro della mia famiglia che ha avuto l'esistenza maggiormente avventurosa, assieme al fratello, Velthur.
Per il racconto in versione fantastica vi rimando al libro.
Eccone un estratto dove Ati, nelle sue memorie, parla della madre:
Passò quindi al racconto della madre Nacna e nonna di Steleth, una strega d'acqua, slanciata, con le scaglie a ricoprire parte di braccia e gambe e la pinna dorsale appuntita tra le scapole. I capelli neri dai riflessi azzurri le scendevano mossi sulle spalle e quasi sembravano il mare:
“Oggi 5 anni fa è morta mia madre. Non ho pianto solo un momento, ho sentito che dentro di me si staccava qualcosa. Era molto vecchia, come diceva lei stessa, vecchia decrepita, e non riuscivo più a portarla sulle spalle. Per sette anni è stata ferma a letto bisognosa di tutte le cure. Per quattro anni è stata ricoverata in un ospedale. Poi l’ho riportata a casa con tutte le conseguenze. Mi sono spaccata la schiena a rigirarla per pulirla e fare tutto quanto il necessario. Ero talmente stanca che per questo non ho pianto. Ora la ricordo con un po’ più di distacco. Ha vissuto una vita degna di un racconto migliore di quello che scriverò io qui”.
Nacna era morta dopo una lunga malattia, cominciata con un male che sembrava incurabile ma da cui poi guarì, lasciando però strascichi pesanti che non le permisero più di riprendere la sua vita di prima, necessitando di cure continue. Le sue gambe ormai facevano fatica a reggerla e si spostava a fatica, quando accadde un fatto che la portò ad accasciarsi su se stessa. La vicina di casa, anch'ella anziana e con problemi di deambulazione, cadde e non riuscì più a rialzarsi. La trovarono morta nella sua stanza alcuni partenti che erano venuti a trovarla. Il terrore che anche a lei potesse succedere una cosa del genere la portò a stare a letto senza volersi più alzare. Non molto tempo dopo, non riuscì più a muoversi di là. Negli anni tutti si avvicendarono per accudirla: Velthur spesso le faceva da mangiare quando Ati non era presente, Steleth andava da lei, lasciando gli studi a Medhelan, Thefri quando aveva un po' di tempo dal lavoro anche andava a trovarla e a occuparsi di lei. Il peso maggiore però fu portato da Ati.
Questa fu la parte finale di una vita movimentata. Esuberante di carattere, crebbe durante la tirannia del Cavaliere Nero, e passò la vita intera a Vestres, a parte qualche viaggio nel paese del padre a trovare i cugini e in diverse grandi città. Da giovane Laronia e il marito avevano difficoltà a tenerla tranquilla: era attaccatissima al fratello Velthur, con cui combinarono da piccoli diversi disastri, non voleva assolutamente mangiare, tanto da far preoccupare per diverso tempo i genitori, le piaceva andare al mare e tuffarsi nell'acqua dagli scogli più alti, organizzava con un altro ragazzo, con cui rimasero amici tutta la vita, recite di teatro, aveva una vena artistica spiccata che la portava a disegnare e realizzare, in occasione delle feste religiose, opere a terra per la strada o nei templi con fiori, piante e diversi tipi di pigmenti. Se non fosse cresciuta in un periodo difficile forse avrebbe potuto coltivare questo suo dono ma la famiglia non poteva permetterselo e lei non era abbastanza determinata da realizzare questo sogno industriandosi in qualche maniera. Non scelse una strada da seguire tutta sua ma restò a casa ad aiutare in negozio, anche se, anche a detta di Ati, non faceva poi moltissimo. Preferiva aiutare dedicandosi alla cucina e qualche volta nel riassestare la casa.
La guerra arrivò che aveva vent'anni e arrivò con il suo strascico di paura, povertà, mancanza per ogni cosa e per il fratello arruolato nella resistenza. Fu in quel momento che cominciò a frequentare quelle che rimasero le sue amiche per tanto tempo e videro le loro prime storie amorose. Quella che su Nacna lasciò un segno profondo, fu con un soldato. Erano molto innamorati l'uno dell'altra ma la storia finì in maniera tragica. Lui le donò un braccialetto prezioso ma lei, memore degli avvisi della madre che le diceva di non accettare doni che non avrebbe potuto ricambiare, non lo volle. Lui allora la ricattò: “Se non lo prendi allora lo rivendo e mi spendo i soldi in prostitute”. Nacna fu irremovibile e lui fece quello che aveva minacciato di fare. Ma ai soldati era vietato un comportamento del genere e per punizione fu inviato all'estremo fronte dell'Est, dove gli inverni sono rigidi e amplissime le distese di nulla. Non ritornò più. Quando il padre di Ati, parte di una ricca famiglia di contadini che prometteva almeno un po’ di sostentamento nel periodo del conflitto, la chiese in sposa Laronia acconsentì, non comprendendo le intenzioni della figlia, chiusasi nel silenzio, e Nacna non ebbe la forza di opporsi. L’unione fu breve e finì con la morte di lui: la nonna e Ati, che aveva vaghi ricordi, non ne raccontavano mai, per cui Steleth e Thefri del nonno sapevano ben poco.
Dopo la fine della guerra e il ritorno di Velthur, c’era tutto da ricostruire e Nacna rimase comunque in famiglia fino a che non conobbe quello che doveva essere il suo secondo marito. Un uomo buono e gentile, capace di fare il suo lavoro. Purtroppo, morì poco prima delle nozze. Ma qualche anno dopo, arrivò Agus, un marinaio, che stava via per la maggior parte dell’anno e con cui riuscì a sposarsi. L’unione andò avanti fino a quando Steleth non era piccola nonostante l’incompatibilità di carattere e tante difficoltà.
Nacna si trasferì nella casa dei suoceri, non lontano da Vestres, senza la figlia Ati che rimase con Laronia. Qui la vita della strega d'acqua non fu facile: dovette assistere i due anziani, che non si erano mai mostrati con lei disponibili e che le fecero passare brutti momenti. Quando mancarono, i due si ritrasferirono nuovamente a Vestres, nella casa attigua a quella di Laronia, riunendosi con la famiglia di lei. Dopo moltissimi litigi, infine, lui se ne andò, lasciandola nello sconforto. La donna si riprese prendendosi cura di Steleth che in quel periodo era una bambina: la portava con sé al tempio di Manth e Mania dove aiutava nella gestione del lavoro. Così, nonna e nipote rimasero molto legate.
“Era la maggiore, nata a Vestres, nel periodo della tirannia del Cavaliere Nero. – questo il racconto di Ati - In casa c’erano già le figlie del precedente matrimonio, Tatia e Lata, di sua madre poi arrivò il fratello Velthur e dopo ancora, quando ormai Laronia e il marito erano anziani, Ania. Cinque anni dopo, Lata morì di tubercolosi e probabilmente l’aria che si respirava in casa non era certo confortante. Dai racconti di mio zio, so che per gestire una famiglia così complicata mia nonna aveva trovato alcuni meccanismi di buon senso e ragionevolezza. Era necessario stare in negozio dalla mattina alla sera. Si era organizzata così: mandava a dormire con il padre mia mamma e mio zio e teneva fino alla chiusura del negozio la figlia di primo letto. Questo però provocava malumori e gelosie. Mia madre stravedeva per il fratello. Devo dire che lui fino alla fine si è ricordato di quello che mia mamma ha fatto per lui in gioventù. Quando è morta c’eravamo io e lui ed è morta serena e sorridente. La sua famiglia antica e quella nuova. E’ giusto così. Devo dire che mia madre era molto religiosa, frequentava il tempio di Manth e Mania tutti i giorni. La trovavo spesso a letto mentre leggeva un libro. Le chiedevo: “Che cosa stai facendo?”. “Non mi interrompere che prego Mania e se mi interrompo devo ricominciare da capo”. Pregava la dea perché le mantenesse i cinque sensi fino alla fine. E devo dire che è stato così. Quando è morta era lucida”.
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