Sono arrivata dunque all'ottava 4.429 dell'Orlando Innamorato di Matteo Maria Boiardo, l'ultima, che in ogni caso non chiude l'opera, essendo il poema rimasto incompiuto. La trama è complicata, ci sono molti filoni e molti personaggi, ma essendo il poema nato probabilmente per essere raccontato a voce l'autore spesso riassume i fatti accaduti in precedenza, in modo da non far perdere il filo al pubblico. Questo fattore e la lunghezza del lavoro hanno portato a piccole imperfezioni e sviste che tuttavia non incidono sul risultato finale.
A sorprendere soprattutto è la lingua, diversa da quella che si diffonderà dall'Ariosto in poi e teorizzata dal Bembo: si tratta una contaminazione di forme toscane, forme tipiche delle parlate settentrionali ed espressioni latineggianti, con registri linguistici variabili, da quelli più popolari a quelli aulici e petrarcheschi. Non mancano espressioni colorite e lo sproloquio (un esempio lo trovate sotto).
Al centro del poema i duelli, le battaglie e l'amore, con Angelica come motore principale, seducente, appassionata e crudele, che non ingentilisce l'uomo ma lo fa perdere. L'ispirazione dell'opera è lo spirito cavalleresco, cioè l'ammirazione per le grandi gesta e l'esaltazione di quei valori coltivati dall'aristocrazia contemporanea al poeta. Ecco quindi innumerevoli racconti di sfide e tenzoni che a noi sembrano ripetersi con una certa monotonia ma che in realtà andavano incontro al gusto del pubblico dell'epoca. Il tono del racconto è spesso ironico e leggero.
I personaggi che mi hanno coinvolto di più? Astolfo, Marfisa, Bradamante, Brandimarte e Fiordelisa, Agricane e Rinaldo.
Vi chiederete se il libro mi è piaciuto... Sì, tanto che ho rallentato la lettura sugli ultimi canti, perchè non volevo finirlo... Capita anche a voi? E ora: Le donne, i cavalier, l'arme, gli amori...
Ecco alcune citazioni tratte dal poema:
- Né forte braccio, né ardire animoso,
Né scudo o maglia, né brando affilato,
Né altra possanza può mai far diffesa,
Che al fin non sia da Amor battuta e presa.
- Ad uno amante una ora uno anno pare.
L'indignazione di Carlo Magno quando si rende conto che i suoi cavalieri non sono a sua disposizione:
- Ove son quei che me dièn fare omaggio,
Che m’hanno abandonato in questo giorno?
Ov’è Gan da Pontieri? Ove è Rainaldo?
Ove ene Orlando, traditor bastardo?
Figliol de una puttana, rinegato!
Che, stu ritorni a me, poss’io morire,
Se con le proprie man non t’ho impiccato! -
- Se non te adusi a parlar più cortese,
farotte costumato alle tue spese.
- Erba nè incanto o pietra preciosa:
Nulla mi val, chè amor vince ogni cosa.
- Perchè descriver non se può lo amore
a chi nol sente e a cui non l'ha nel core.
- Tutte le cose sotto della luna,
L’alta ricchezza, e’ regni della terra,
Son sottoposti a voglia di Fortuna:
Lei la porta apre de improviso e serra,
E quando più par bianca, divien bruna;
Ma più se mostra a caso della guerra
Instabile, voltante e roïnosa,
E più fallace che alcuna altra cosa;
Brandimarte ritrova Fiordelisa nel pieno della battaglia:
- Stavan sì stretti quei duo amanti insieme,
Che l’aria non potrebbe tra lor gire;
E l’uno e l’altro sì forte se preme,
Che non vi serìa forza a dipartire.
Come ciascun sospira e ciascun geme
De alta dolcezza, non saprebbi io dire;
Lor lo dican per me, poi che a lor tocca,
Che ciascaduno avea due lingue in bocca.
- Ch’io piansi il sangue vivo per gran stizia;
E nel mio cor dicea: "Se egli è volpone,
Farollo essere un becco, per Macone.
Ché mai non intrò a giostra cavalliero,
Né a torniamento per farsi vedere,
Che avesse in capo tanto alto il cimiero,
Come io farò di corne al mio potere".
Rodamonte offende l'indovino di Agramante:
- In ciascun loco
Ove fiamma s’accende, un tempo dura
Piccola prima, e poi si fa gran foco;
Ma come viene al fin, sempre se oscura,
Mancando del suo lume a poco a poco.
E così fa l’umana creatura,
Che, poi che ha di sua età passato il verde,
La vista, il senno e l’animo si perde.
- Mal aggia l'omo che dà tanta fede
al ditto di altri e a quel che non si vede!
- La nostra vita è una polvere al vento,
Né se debbe stimar né aver sì grata,
Che per salvarla, on allungarla un poco,
Si danni l’alma nello eterno foco.
- Però che Amore è quel che dà la gloria,
E che fa l’omo degno ed onorato,
Amore è quel che dona la vittoria,
E dona ardire al cavalliero armato
- O soprana Virtù, che e’ sotto al sole,
Movendo il terzo celo a gire intorno,
Dammi il canto soave e le parole
Dolci e ligiadre e un proferire adorno,
Sì che la gente che ascoltar mi vôle,
Prenda diletto odendo di quel giorno
Nel qual duo cavallier con tanto ardore
Fierno battaglia insieme per amore.
- Ma il navicare e nostra vita umana
De una fermezza mai non se assicura,
Però che la speranza al mondo è vana,
Né mai bon vento lungamente dura.
- Rispose Mandricardo: - In fede mia,
Tutto è perduto il tempo che ne avanza,
Se in amor non si spende o in cortesia,
O nel mostrare in arme sua possanza.
- Però che il dolce amore in gentil petto
amareggiato è sempre di sospetto.