venerdì 30 dicembre 2022

Lo specchio di Giano, le storie dei personaggi e gli etruschi

 Nel post in cui mi sono presentata e ho spiegato il motivo del mio pseudonimo, vi ho accennato al fatto che in "Lo specchio di Giano" sia riassunta in versione fantastica la mia storia e quella dei rappresentanti della mia famiglia, a cui è dedicato il libro. Per questo il nome della protagonista, Steleth, deriva da una parola etrusca che significa “Insieme”. E altre parole di ispirazione etrusca danno il nome ad altri dei personaggi umani principali: Thefri, che significa fratello, Nacna, nonna, e Tatia, zia. Altri caratteri, invece hanno nomi di famose personalità dell'antico popolo italico, da Spurinna a Thanaquil. Holaie, invece, è la versione etrusca del vero nome di mia nonna paterna, Jolanda. 

Essendo un romanzo di fantasia, sono tantissimi, comunque anche i personaggi inventati, per lo più nella parte degli antagonisti: il guerriero Turno, il cui nome è ripreso dall'Eneide ma il cui carattere guarda più al Solimano della Gerusalemme Liberata, il sacerdote Tarchun e il suo nemico Ataris, fino ad arrivare alle due allieve del mago, Erichto e Picatrix (il primo nome riprende la famosa strega della Pharsalia, il secondo dal titolo di un libro sull'occultismo).

Ne è venuto fuori un romanzo corale, in cui, tra i personaggi umani, emergono Steleth e Thefri ma in cui anche gli altri uomini e dei hanno un carattere ben definito e un ruolo preciso nello svolgimento della storia. 


Ma perché gli Etruschi? Perché parte della mia famiglia è originaria di luoghi abitati un tempo da questo antico popolo italico, che mi ha sempre affascinato tantissimo, nonostante non sia mai riuscita ad approfondire in maniera puntuale la loro conoscenza.

Un ultimo accenno a un fatto che mi ha portato alla redazione del volume (e che ha certamente ha contribuito alla sua lunghezza): ho ricevuto da mio padre e mia madre le memorie di entrambi i rami della mia famiglia e nel testo le ho riprodotte adattandole e tagliandole solo in minima parte. Quelle che mi ha lasciato mio padre, sono state redatte da lui sotto la dettatura di sua zia, rappresentata nel libro da Velia. Sarà lei a raccontarle ai nipoti, con una tipica cadenza toscana e un linguaggio popolare. Mia madre me le lasciò quando era molto malata e se ne sarebbe andata pochi mesi dopo. Lessi il manoscritto subito, tra fiumi di lacrime. In "Lo specchio di Giano", racconto quei momenti, con Steleth che a tratti legge il racconto della madre morente.

A breve vi parlerò degli dei!


Ecco, intanto, l'inizio del racconto di Velia, che nella storia reale, inizia prima della prima guerra mondiale: 

“Abbiamo fatto una vita noi altri che non te lo puoi immaginare. Brutta, di stenti, di lavoro di tutto. Non abbiamo avuto tempo per l'intraprendenza: per gran parte della nostra vita siamo stati impegnati a cercare di sopravvivere.

Mia madre Irtma era piccina, avrà avuto 9-10 anni, quando è andata a servire nella grande Città del Giglio. Montetinus era un paese di montagna e non c'erano lavori di quel tipo. I signori di città prendevano le bimbe dai paesi e le abituavano come volevano loro. Un medico ha scritto al rector di Montetinus se gli trova una servetta e il rector gli ha mandato a dire che ce ne sarebbero due. Sono partite con un vestitino di un colore prestabilito e il fazzolettino in mano dicendo che le aspettassero al punto di posta. Da giovani se ne sono poi andate via dal medico perché non ci stavano bene. Irtma e l'altra serva avevano delle amiche che gli hanno segnalato una famiglia di orientali bravissimi. Qui la mia mamma faceva la cuoca e l'altra la serva. Aveva paura di non svegliarsi la mattina e allora dormiva in cucina sotto la tavola, su una coperta. Al mattino si alzava e preparava la colazione poi andava in camera della serva e se la mangiavano tutta poi ognuna faceva i suoi lavori. I padroni le vedevano volentieri tutti e due. Alla sera quando gli davano la libera uscita se ne andavano al teatro.

Mio papà Sabatino c'è andato a 20 anni in miniera. Io, che ero la figlia più grande, lo andavo a trovare. Mi metteva nei carretti e mi portava in galleria. Io ci andavo volentieri. Io e la mamma gli portavamo da mangiare quando eravamo a Montetinus.

Siamo andati via dal nostro Paese quando io avevo 3 o 4 anni. Andavo all'asilo che era dove stava la Demonessa, vicino al bosco dove Irtma prendeva la legna che poi vendeva. Il bosco era intorno a Montetinus poi l'hanno tagliato durante la Grande Guerra per il conflitto. I rami li prendevano le famiglie per i fuochi d'inverno. Il bosco era verso la miniera, sotto il vecchio borgo c'erano i campi coltivati.

Al bosco Irtma si era tagliata il braccio con la marrazza e l'avevano portata a Velathri all'ospedale. Ogni tanto Sabatino mi ci portava. Il dottore voleva tagliarle mezzo braccio perché andava in cancrena. Lei non voleva. Gli ha detto che aveva una famiglia e non poteva fare i lavori senza il braccio. Allora il dottore l'ha presa più in considerazione e le ha pulito tutto il braccio col coltello, gliela ha fasciata e curata e poi è guarita anche se non poteva chiudere le dita del tutto.

Sabatino dopo il turno in miniera andava all'ospedale a Velathri a piedi. Mi portava in camallina, qualche volta. Quando lui era a lavorare, io rimanevo con mia nonna, che al giorno mi metteva a dormire poi quando sapeva che mi svegliavo veniva a prendermi. Non mi trovava perché ero in piazza a giocare con gli altri bambini. “Brutta birbona, mi hai fatto prendere tanta paura che mi sei scappata dal letto”, mi diceva.

Nell'ospedale vicino alla Irtma c'era una bambina di 2-3 anni come me. La sua mamma ce l'aveva portata per farla curare e poi non era più andata a prendersela. Alla Irtma le aveva fatto tanta compassione che l'aveva adottata. Si chiamava Forestina. Io ero gelosa e Sabatino si lamentava perché mi vedeva piangere. Il dottore e la moglie siccome la nonna stava male mi tenevano a dormire da loro e mi mantenevano. Non avevano figli e mi volevano bene. La Forestina è stata adottata da due anziani senza figli che erano ricchi e avevano terreni. I giorni di festa tutti e tre andavano al tempio del paese e andavano a casa dalla Irtma. La bambina quando era in fondo al portone chiamava: “Mamma, mamma”. Irtma volava per le scale poi si abbracciavano e si tenevano strette.

Poi è venuta grande e si è sposata con un uomo cattivo che le ha rubato tutto e andava con tutte le donnacce. Le dava una cattiva vita e poi è morta giovane e senza figli. L'uomo si è dato ai vizi e poco dopo è morto anche lui.

La Forestina scriveva dalla sua casa alla città qui vicino in cui siamo trasferiti a un certo punto. Andavamo a trovare i suoi vecchi quando tornavamo a Montetinus e ci davano di tutto: frutta, vino, olio, carne ecc.

In casa non avevamo acqua e andavamo a lavare ai lavatoi. La mobilia era fatta di cassette. L'abbiamo lasciata lì quando siamo andati a Querceto. Abbiamo portato solo qualche pezzetto. Il trasloco è stato fatto con un asinello o un mulo che trainava un carretto".

L'ebook è disponibile su Amazon e su altre piattaforme.


martedì 27 dicembre 2022

Il terzo capitolo di Lo specchio di Giano - La sirena e il tritone

E' uscito su Wattpad il terzo capitolo del romanzo fantasy ispirato agli etruschi "Lo specchio di Giano". Potete trovarlo qui.


In questa parte dell'eBook, disponibile su Amazon e su altre piattaforme, Thefri, Holaie e Steleth commentano quello che è successo nel capitolo precedente. Qui emergono più nel dettaglio i caratteri dei personaggi:

" Il cielo era terso e le rade nuvole del cielo di fine inverno risplendevano delle sfumature del fuoco, mutando nei colori più scuri con il lento passare del tempo. Rifletteva su quello che era stato detto durante l'incontro con Tarchun. Dopo lo scetticismo iniziale, se da un lato condivideva i timori di sua sorella, che aveva  espresso la paura di abbandonare i suoi cari e la sua famiglia, dall'altro era infervorato dalla possibilità di diventare un dio da lì a poco tempo. Il tutto, però, per combattere, probabilmente, un'altra guerra tra dei. Se avessero perso, quale condanna poteva ricevere questa volta?

“Ogni certezza anche per te è stata spazzata via”.

Thefri si voltò, riconoscendo la voce di Holaie.

“No. Le certezze sono rimaste, nonna. La mia vita, la mia esperienza, i miei luoghi e voi ci siete ancora. Sono solo aumentati i dubbi e le paure. Se Tarchun non è un pazzo ed è vero quello che dice, sta per esserci un grande conflitto che coinvolgerà umani ed eterni.  

Questo porterà, come in passato, cambiamenti indelebili in ogni parte del mondo e forse anche dell'universo, segnando la storia dei mortali, quelli che sopravvivono e quelli che verranno. Da un lato mi alletta l'idea di essere un dio, dall'altro comprendo e condivido anche il punto di vista di Steleth”.

“Siamo chiamati a difendere quello che amiamo, sia da uomini sia da dei. E quello che amiamo è legato a questo stato di cose, in equilibrio precario tra tanti elementi. Credo che siamo tenuti a combattere, sia noi vecchi, sia voi adulti, sia i giovani che erano presenti al tempio, sia in forma mortale sia divina, se davvero ci sarà concesso”.

“Tu sarai chiamata a portare la discordia tra i nemici - sorrise Thefri -. Io ancora non lo so”.

“La discordia... - sospirò Holaie -. Tuo padre e tua zia mi hanno già detto che mi ci vedono nei panni di Ate, che si aggirava invisibile tra gli uomini a riempirli di tracotanza e superbia, in modo da metterli l'uno contro l'altro. Da giovane ne avevo sempre per tutti. Forse te lo hanno già raccontato, ma una volta sono stata anche causa di discordia, perché sono ranga” ".

giovedì 22 dicembre 2022

Il secondo capitolo di Lo specchio di Giano - L'incontro dei divini

 E' uscito su Wattpad il secondo capitolo del romanzo fantasy ispirato agli etruschi "Lo specchio di Giano". Potete trovarlo qui.


Dopo la prima parte che introduce la figura del naufrago, L'incontro dei divini è il vero e proprio esordio dell'ebook. Qui viene presentato il mondo in cui è ambientata la storia e il piccolo paese sul mare in cui è ambientata la prima parte della vicenda e sono introdotti alcuni dei personaggi principali, tra cui Steleth, Thefri e i membri della loro famiglia, e il sacerdote, Tarchun.

Eccone l'inizio:

“Una marea informe in un lento movimento, un fiume di materia amorfa che scorreva in uno spazio infinito e senza tempo: questo c'era al principio, quando esistevano solo gli eterni Northia, la dea del fato, che tutto comanda e tutto decide, e Giano, il padre di tutte le cose. La capricciosa e fatale dea decise in un punto di dare a quella massa un senso e le impresse un altro corso, impetuoso e vorticoso: fu da questo movimento che i diversi elementi si divisero, per poi riunirsi e mescolarsi, dando origine alle cose e al tempo. Giano, chiamato Culsans dal popolo dei Rasna, prima rimproverò Northia per la sua volubilità, poi vide che quello che si stava creando era buono e decise di procedere alla sua costituzione quando la dea, molto presto, si stufò del suo progetto. Il dio plasmò il Sole e tutti gli astri e i pianeti, poi arrivò alla Terra, che dotò di un satellite che la illuminasse anche durante la notte, di un centro di fuoco, una copertura di rocce e un'immensa quantità di acqua. Studiò, quindi, i movimenti che questi  corpi celesti dovevano compiere per mantenere il proprio vigore e la propria bellezza. Il nostro mondo fu quindi vestito da un manto di piante, per essere ancora più rigoglioso, un manto che cambiasse il suo aspetto a seconda delle diverse stagioni. Ma per controllare che ogni cosa stesse al suo posto e non si guastasse il tutto, c'era bisogno di una grande e continua attenzione da parte del dio. Fu così che Giano forgiò dalla polvere che vola libera nel cosmo altri eterni, che furono poi chiamati dei  Proteroi o  Primigeni e che prendono nomi diversi presso i differenti popoli: Satres fu chiamato a gestire il tempo, Semia la terra, Sethlans il fuoco, Thesan il movimento degli astri, Tinia il cielo e l'aria, Uni la vita e la fertilità, Nethuns  l'acqua. Questi i nomi degli immortali presso i Rasna.

La terra così bella e fiorita, con frutti e prodotti che nascevano in ogni dove, non aveva però abitanti che potessero goderne. Giano, dalle rocce e dall'acqua, dal legno, dall'aria e dal fuoco e da ogni altro elemento, forgiò gli animali, innumerevoli esseri che presero a correre nei prati e a nuotare nell'acqua, a volare nell'aria e a salire sugli alberi, fino alla loro morte, in cui il loro corpo tornava ad essere materia per dar vita ad un altro  vivente e la loro anima diventava libera dal mondo sensibile. Tinia, guardando quegli animali che, felici, dimoravano il mondo, volle creare anche dei mortali speciali, che fossero simili agli dei, in modo che gli eterni avessero sulla terra una loro controparte capace di costruire, creare e riflettere. Questi sarebbero stati legati indissolubilmente agli dei e sarebbero stati i loro prediletti: gli immortali, Viaggiatori del Tempo, li avrebbero protetti da pericoli e avversità e favorito chi li avesse onorati e rispettati; mentre i mortali, Passeggeri nel mondo, con la loro devozione avrebbero aumentato il potere dell'uno e dell'altro dio a seconda dell'intensità della loro fede verso di lui. Questi animali erano gli umani, divisi in diverse classi, a seconda delle loro inclinazioni: gli uomini, intelligenti e operosi; i Fauni, legati alla sfera delle selve; i diversi tipi di Streghe, da cui cominciò a diffondersi nel mondo la magia; i Centimani e i Ciclopi, noti per la loro forza, i Pigmei, i Blemmi, le Gorgadi, le Sirene e i Tritoni, che abitavano i mari, e tutti gli altri.

L'universo, così, fu completo e retto dalla sapienza degli dei ma sempre piegato al volere di Northia”.

L'ebook è disponibile su Amazon e su altre piattaforme.


martedì 20 dicembre 2022

Lo specchio di Giano: streghe, maghi, dei

 Nonostante il titolo, che è un evidente richiamo al mondo classico, "Lo specchio di Giano" è un testo che si inserisce pienamente nel genere fantasy e con esso i suoi personaggi e gli animali mitologici.

Chi possiamo incontrare nelle pagine del libro? 

Accanto agli uomini, ecco streghe e stregoni di diverso genere, caratterizzate dalle influenze dei diversi elementi, fauni e giganti, maghi potenti e lamie. 

Steleth, ad esempio, è una strega di terra, una Arath, con caratteristiche e poteri differenti da quelli del fratello, Thefri, in cui a prevalere è l'elemento dell'acqua. 

E' numerosissima anche la schiera di dei e demoni, per lo più ripresi dalla cultura etrusca, ma non solo. Tra loro, non mancano i caratteri capricciosi degli dei classici. E non manca nemmeno un topos come quello del concilio degli immortali.

La fauna è ricca e variegata, con tantissimi animali ricordati ed elencati che hanno un ruolo di primo piano nello svolgimento della storia: dalla viverna, alla manticora, dai mostri abissali all'idra e alle pirauste. A una speciale cavalletta è affidato il compito da parte degli dei di vigilare sulla protagonista. 


Foto di Timothy Dykes da Unsplash

Qui sotto ecco la descrizione di Vulca, padre di Steleth e Thefri, Holaie e Velia

"Più in disparte rispetto alla folla, su un lato della piazza, c'era il padre, Vulca, un Usilth, stregone di aria e di cielo. Nonostante l'età stesse avanzando inesorabile anche per lui, aveva ancora un aspetto piacente: non era molto alto ma aveva un fisico curato, capelli mossi, dalla lunghezza media, con una leggera stempiatura, viso ovale, con gli zigomi leggermente alti, mento stretto con la fossetta, che il viso di Thefri aveva ripreso, naso dalla punta larga che ricordava quello della figlia, la carnagione chiara, quasi bianca, della sua classe, occhi verdi e labbra carnose. 

Si era sempre distinto per la sua eleganza, grazie anche al lavoro e alla dedizione della madre, che confezionava abiti per mestiere, e portava un chitone in lana azzurra, con bordi di tre colori, su cui era appoggiata una tebenna verde scuro con orlo rosso, decorato con motivi a losanghe candide. Stava parlando, mentre passeggiavano lentamente avanti e indietro, proprio con sua madre, Holaie, Arath anziana e claudicante fin dalla nascita con capelli grigi, raccolti in una lunga treccia, viso allungato e un poco rugoso, espressivi occhi scuri, naso sottile e bocca fine, color nocciola, che sorrideva poco. A incorniciarlo gioielli sottili, in filigrana, che riproducevano diversi fiori. La sua lunga tunica era del colore della senape ed era coperta anche sul capo da un pesante mantello glicine. 

Con loro, la sorella maggiore di lei e zia di Vulca, Velia, anch'ella Arath, più alta e robusta rispetto a Holaie, con i capelli grigi raccolti in una crocchia, con il volto ovale ma dalla mascella più pronunciata, gli occhi scuri e larghi, naso  grazioso ma lievemente ossuto e bocca larga, scurissima e sempre sorridente. Il suo chitone era blu intenso con bordi a motivi geometrici di diversi colori mentre il suo mantello era verde e foderato di rosso, con l'orlo cucito con fili d'argento".


Il primo capitolo di Lo Specchio di Giano - Il naufrago

Se volete saperne di più sul mio libro, ho pubblicato il primo capitolo su Wattpad e a breve seguiranno altre parti del testo. Potete leggerlo a questo link


In questa prima pagina, viene introdotto un personaggio secondario ma che comunque avrà un ruolo importante nello svolgimento della trama e le Veggenti di Farthan, le sacerdotesse dedite al culto della dea dell'amore e della guerra, Turan.

Il testo è acquistabile su Amazon o su altre piattaforme

lunedì 19 dicembre 2022

Dove trovare il fantasy "Lo specchio di Giano"

 Il romanzo fantasy "Lo specchio di Giano" di Ilia Camilla Muzio non è soltanto disponibile su Amazon! L'eBook è arrivato, infatti su altri canali di vendita. Eccoli: 

Ibs

Kobo

Hoepli

Mondadoristore

Bookrepublic

Casadellibro

Streetlib

24Symbols

Libreriauniversitaria

Media365

Agapea

Barnesandnoble

Ecco un accenno alla vicenda narrata. In un mondo in cui la sorte di dei e uomini è strettamente legata, l’ultimo baluardo dell’antico popolo dei Rasna, un piccolo paese, in cui hanno la loro sede i più importanti templi del mondo, è minacciato dagli attacchi provenienti da una misteriosa isola di sale, costruita da un grande mago. Il sacerdote guida, per difendere il borgo, chiama in aiuto gli Aisna, i Divini, uomini e donne che ospitano in sé gli Antichi Dei, condannati secoli prima a essere prigionieri in corpi mortali. Tra loro, i due fratelli Steleth e Thefri, che con altri membri della loro famiglia, dovranno sottoporsi a diverse prove per tornare alla loro forma originaria e salvare la loro città.

domenica 18 dicembre 2022

Mi presento...

 Ho sempre avuto la passione della scrittura: da ragazza amavo comporre poesie e scrivere vari tipi di opere in prosa. Il mio primo lavoro "finito" è arrivata però con l'età matura, quando il tempo da dedicare alle opere è poco, essendo quasi tutto assorbito da famiglia e lavoro. Ma non poteva essere altrimenti. "Lo specchio di Giano" è il riassunto, in versione fantastica, della mia esperienza e delle persone che mi sono state vicine nel mio percorso. Per questo il nome della protagonista significa “Insieme”. Ma prima di passare, a raccontarvi qualcosa di più sul volume e sui suoi personaggi, vorrei soffermarmi sul mio pseudonimo. Sì, perché ho deciso di tenere separate, essendo una persona riservata, la mia sfera privata e "reale" da quella legata al mondo della fantasia. Ho scelto quindi la firma di Ilia Camilla Muzio: un nome che rimanda all'epoca antica.

Ilia è un altro nome con cui viene chiamata Rea Silvia

Camilla, come tutti sapete, è un'eroina dell'Eneide

Muzio è il nome di una Gens romana e il cognome della mi prozia che nel libro è il personaggio di Tatia

Ecco un estratto del testo che parla di Tatia:

"Era preoccupata per i nipoti. Steleth era sempre angosciata dal peso della situazione e non riusciva ad accettare il suo stato, Thefri era più reattivo ma meno consapevole. Li sentiva troppo fragili e poco propensi a un adattamento a condizioni difficili. Forse l'Arath aveva ragione e la Generazione degli astri, sempre vissuta nel benessere, non era pronta ad affrontare quel momento in cui si prospettava una guerra? Quella mattina Tatia stava preparando teli ricamati, oggetti confezionati con l'uncinetto, abiti realizzati in diverse fogge da portare alle sue allieve. Lo faceva lentamente, cercando a tentoni nel cassetto, affidandosi solamente al tatto. Apriva ogni capo o ogni oggetto, analizzava con le mani la loro forma e il materiale, scorreva con le dita i ricami per vedere se erano quelli che stava cercando, poi metteva da parte sul letto le cose che avrebbe dovuto portare con s. In realtà, pensava, i teli ricamati in quella situazione sarebbero serviti a poco. Li avrebbe portati lo stesso con la promessa di insegnare a realizzarli in un tempo migliore.

Certo lei aveva passato traversie di ogni genere. Ormai era vecchia, aveva già varcato la soglia degli ottanta anni, la vista l'aveva del tutto abbandonata e le forze non erano più quelle di un tempo. Solo le mani riuscivano ancora a lavorare filati e stoffe, più lentamente ma sempre con la stessa arte. La scelta dei colori era suggerita da chi le stava vicino. Era una donna, non era una strega o una sirena o una gigantessa con capacità straordinarie, come addomesticare i fulmini, parlare con i lupi o nuotare nell'acqua senza dover emergere per respirare ma quello che aveva le era bastato per superare tutte le difficoltà.


Era nata poco prima dell'inizio della Guerra dei Tre anni, in un periodo in cui tante scoperte o tante invenzioni che in seguito cambiarono la vita delle persone non erano ancora state compiute. Era la seconda figlia di una famiglia che si era formata a Vestres da un commerciante, dedito agli affari, che aveva, tra le altre attività, una bottega del pane, e Laronia, una Arath proveniente da un paese sulle montagne, dal carattere forte e deciso. Quando si sposò aveva diciannove anni e sua madre, nonna di Tatia, le diceva che ormai poteva considerarsi zitella. Il suo temperamento deciso e moderno rispetto ai tempi l'aveva portata a rifiutare un matrimonio precedente, con un suo compaesano perché le aveva dato una cattiva impressione. Quando era andato alla sua casa a conoscerla, parlando con i suoi genitori, gli aveva sentito dire: “I soldi li guadagno io e li tengo io”. Questo discorso a Laronia non piacque e fece saltare tutto. I genitori allora la mandarono a Vestres da uno zio che combinò il matrimonio con il commerciante. Lei cominciò a lavorare presso la bottega del pane. Quando lo zio morì, le lasciò le sue case e i negozi che aveva a Vestres. Laronia ebbe tre figli da quest'uomo, di cui sopravvisse solo Tatia: il primogenito, un bel bambino, dai capelli biondi e riccioli, morì a tre anni di un'infezione all'intestino. Lei non perdonò mai al marito di averlo fatto seppellire nella fossa comune. La terza morì a 15 anni di tubercolosi: la videro andare via piano piano. La donna non superò mai la perdita di questi figli.

Passata la Guerra dei Tre anni con i suoi strascichi di morte e miseria, a Vestres si diffuse un'epidemia di tifo, di cui Tatia, ancora bambina si ammalò. Per curarla, i medici dell'epoca la tennero quasi digiuna per 40 giorni e lei ricordò sempre, non tanto la febbre, ma la fame e la tosse. Da adulta raccontava che i colpi di tosse erano stati talmente forti da farla rimanere con le gambe storte, ma quello forse era un ricordo distorto che si portava dietro fin da bambina. Furono anni duri, in cui il marito di Laronia morì e lei non volle rimanere nella famiglia della suocera. Lasciò così anche la bottega del pane e si mise in proprio, prima come sarta poi aprì un'attività sua, un piccolo negozio di artigianato, in uno dei locali ereditati dallo zio. Ma tutto il paese era in difficoltà dopo il conflitto e l'epidemia e in pochi riuscivano a pagarla. Dopo qualche anno, fortunatamente, ci fu una ripresa, che le permise di stare meglio e arrivò dalle terre del Sud a Vestres, Tlesna, un militare, più grande di lei, che la sposò e da cui ebbe altri tre figli: Nacna, Velthur e Ania, che si trasferì in un altro paese quando era molto giovane. Intanto il Cavaliere Nero aveva preso il potere del Regno di Ligys e ne divenne il tiranno, imponendo anni di oppressione, da cui si uscì con la Guerra dei Cinque Anni, che sembrò infinita e che portò con sé altre tensioni, lutti e miseria. Dopo parte della strada fu in discesa, ma le difficoltà non mancarono mai.

Tatia era riuscita a superare tutto questo grazie alla sua determinazione, al suo grande spirito di adattamento, alla sua intelligenza, alla sua curiosità e alle doti organizzative con cui aveva compensato a un importante difetto della vista. Laronia l'aveva portata da tutti i luminari dell'epoca per cercare una cura o un incantesimo in grado di guarirla ma non c'era stato modo. Ogni visita, un colpo di sconforto, fino a un cerusico che disse alla madre di comprarle una lira e mandarla sulla strada a chiedere l'elemosina. Era ancora una bambina quando accadde ma la rabbia e la delusione che arrivarono da quella frase la accompagnarono tutta la vita. Ovviamente, non finì così: Tatia non poté portare avanti gli studi ma lesse sempre e quando non riuscì più chiese ad altri di leggere per lei. Le sue mani e il suo tatto la portarono a essere una delle più brave filatrici del Paese, tanto da insegnare anche ad altre la sua arte. Anche da anziana e sola riusciva a mantenersi, realizzando piccoli oggetti e gestendo altre attività della famiglia. Ad aiutarla, visto che ormai era là sola, i vicini di casa e alcune sue storiche amiche. Non si era mai voluta sposare, nonostante Laronia e Tlesna le avessero trovato un marito. Uno dei dottori che l'aveva vista le aveva detto che se avesse avuto dei figli avrebbe perso la luce prima del tempo e lei preferì preservare i suoi occhi. La famiglia ce l'aveva, era quella d'origine, e decise che sarebbe rimasta ad occuparsi di quella. Gli altri, soprattutto Ati, la figlia della sorellastra Nacna e madre di Thefri e Steleth, l'avevano presa come punto di riferimento.

I due nipoti, ormai adulti e a loro volta diventati genitori, le sembravano fragili e lei, probabilmente non sarebbe stata più grado di aiutarli, almeno da mortale.

'Sei pronta zia?', la domanda di Steleth la distolse dai suoi pensieri. La strega era pronta per accompagnarla alla scuola di tessitura, per poi andare ad occuparsi delle sue lezioni di magia e medicina. Velthur e Thefri si erano, invece, già diretti alle proprie attività, alle prime luci dell'alba.


Lo Specchio di Giano

" 'Se vorrai uscire di qui dovrai compiere un sacrificio per me'. Dicendo questo fece apparire un agnello nero.

La formula per il sacrificio è quella che vedi incisa in simboli e lettere sulla volta di questo antro. Noto che vedi al buio. Sarai quindi avvantaggiata! Dovrai finire, prima che questa clessidra si svuoti'.

La dea fece girare un grosso oggetto del tempo che era accostato alla parete della grotta, con le basi in legno decorate da vulcani. I vetri soffiati in diversi colori facevano intravedere polvere di zolfo al loro interno, che, inesorabilmente, cominciò a cadere dalla piccola fessura centrale.

Steleth si sentì in trappola, un sudore freddo le scese sulla schiena, strinse i pugni e cercò di farsi forza. Non aveva molta scelta: doveva provare.

Guardò con attenzione i segni e le scritte, che per prima cosa andavano letti da destra a sinistra. Li conosceva quasi tutti, erano usati dagli antichi aruspici Rasna, che impiegavano le viscere degli animali per interpretare il volere degli dei, ma per mettere insieme l'intera formula magica forse ci sarebbe voluto più tempo di quello concesso dalla clessidra. Allora cominciò a leggere cercando di non farsi prendere dall'ansia e dalla fretta.

I primi segni erano i simboli degli dei primigeni, l'occhio che rappresentava Northia, la capricciosa, le gocce e le foglie, per gli immortali legati all'acqua e ai fenomeni naturali e le fiaccole per i regno dei Morti:

'Per gli dei Proteroi, per Northia, la dea del destino che può quello che vuole, per gli immortali che gestiscono ogni giorno lo scorrere dell'acqua e regolano i delicati equilibri della natura, per gli dei di Tufulta, che si trova in questa remota regione …', cominciò Steleth.

A quei simboli, seguivano delle scritte nella vecchia lingua dei Rasna:

'Sono pronta a sacrificare questo agnello a Mefite, la dea che un tempo portava ricchezza e benessere, che chiede che i mortali tornino a cercare il suo amore e il suo sapere. Che il suo sangue scorra qui nella Terra Impetuosa e la impregni donando la sua forza vitale alla dea.'

Il testo sulle pareti della grotta era terminato, ma l'incantesimo no! Che fare? I suoi occhi si portarono in basso a guardare la sua vittima. Le luci dell'animale la fissavano, non spaventanti, ma penetranti, crudeli e pieni di odio, sembrava quasi che volessero entrare nella sua testa e carpirne i pensieri. Non resse a quella vista e riportò lo sguardo in alto, sentendo girare la testa pe la tensione. Qui, i simboli presero a muoversi, ondeggiando sul soffitto e prendendo le forme di altri segni. Intanto lo zolfo della clessidra era scivolato per più della metà nella parte di sotto.

'Il coltello che è accanto alla vittima compirà questo sacrificio'.

Steleth vide apparire al suolo vicino all'animale un pugnale in bronzo con il manico raffigurante delle onde in tempesta, poi tornò a leggere i segni. Mancava pochissimo tempo e si rendeva conto che doveva sbrigarsi.

'Lama che sei stata forgiata nelle fucine degli antichi Rasna bàgnati del sangue della vittima.' Il coltello fluttuando si alzò da terra e raggiunse l'altezza del collo di Steleth. 'L'agnello, la cui morte farà rivivere l'antica potenza di Mefite, deve però avere un nome. Il nome di chi ha voluto il suo sacrificio. Pronuncia il suo nome!'

Era arrivata alla fine, ma non poteva dire il suo nome o dando retta a quelle parole ingannevoli sarebbe stata lei la vittima sacrificale. Che fare? Nella parte alta della clessidra stavano scorrendo gli ultimi granelli di zolfo. Steleth strinse i pugni fino a conficcarsi le unghie nella pelle delle mani poi disse:

'Mefite!'.

La vecchia lanciò un urlo terribile e parte del soffitto dell'antro crollò. Gli occhi della Arath poterono rivedere la luce: quella che batteva sulla Roccia delle Streghe". 

Lo specchio di Giano e gli dei

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