giovedì 1 giugno 2023

Caratteri e impronte, L'assiuolo di Giovanni Pascoli

 Siamo al nuovo appuntamento con la rubrica dedicata a letteratura e animali Caratteri e impronte, nata in attesa del mio secondo libro. Questa puntata è dedicata a una delle poesie italiane ottocentesche più famose. 

Chiù: il monosillabo cupo che risuona nella notte è il motivo conduttore della poesia, che ci rivela l'identità del protagonista, L’assiuolo.

Questo componimento di Giovanni Pascoli fu pubblicato per la prima volta sulla rivista fiorentina di letteratura Il Marzocco nel 1897 e in seguito fu inclusa nella raccolta Myricae.

L’uso reiterato dell’onomatopea chiù evoca un suono tetro, che si tramuta in presagio. Si tratta del verso di un uccello rapace simile alla civetta, che l'autore tuttavia non descrive ma che cita soltanto nel titolo. 

Chiù scandisce il finale di tutte le strofe della poesia, facendo aumentare il senso di angoscia nel lettore - prima è una voce, poi un singulto, infine un canto di morte - e donando alla lirica una struttura circolare.

Il componimento si apre con una descrizione di vita campestre, con la luna che riluce come un’alba perlacea tra i rami degli alberi. Ma quasi subito si ha un cambio di atmosfera, con l'avvicinarsi di un temporale e la voce dell'assiuolo che arriva dai campi. 

Nella seconda strofa il punto di vista rappresentato è quello dell'autore e il suo stato d'animo riflette l'atmosfera che ha intorno, con un grande senso di mistero. 

Il finale, torna alla descrizione del paesaggio, che assume però un connotato metafisico, con il verso dell’uccello che viene associato alla morte. Il canto dell’assiuolo infatti, secondo antiche credenze, prefigura disgrazia ed è annuncio di morte. Le “porte invisibili che non si aprono più” sono quelle che separano il mondo dei vivi da quello dei morti mentre i sistri sono gli strumenti a percussione utilizzati nell’antico Egitto per il culto della dea Iside, in un altro rimando all’ingresso dell’Oltretomba. 

La poesia è quindi una riflessione sul mistero della fine della vita. 



L’assiuolo di Giovanni Pascoli

Dov’era la luna? ché il cielo

notava in un’alba di perla,

ed ergersi il mandorlo e il melo

parevano a meglio vederla.

Venivano soffi di lampi

da un nero di nubi laggiù;

veniva una voce dai campi:

chiù...


Le stelle lucevano rare

tra mezzo alla nebbia di latte:

sentivo il cullare del mare,

sentivo un fru fru tra le fratte;

sentivo nel cuore un sussulto,

com’eco d’un grido che fu.

Sonava lontano il singulto:

chiù...


Su tutte le lucide vette

tremava un sospiro di vento:

squassavano le cavallette

finissimi sistri d’argento

(tintinni a invisibili porte

che forse non s’aprono più?...);

e c’era quel pianto di morte...

chiù...


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