giovedì 6 aprile 2023

Caratteri e impronte: cavalli e cavalieri

 L'articolo su Carlo Magno e sull'influenza che ha avuto sulla letteratura pubblicato il 2 aprile, mi ha dato il "La" per questo nuovo appuntamento con Caratteri e impronte, rubrica - nata in attesa della pubblicazione del mio secondo libro - dedicata a letteratura e animali. In questa nuova puntata parleremo infatti dei cavalli, che hanno avuto un ruolo di rilevo nei romanzi francesi medievali e nei poemi cavallereschi italiani. 

Si tratta, spesso, non solo di semplici destrieri ma di animali in grado di aiutare il proprio padrone grazie alla loro intelligenza e alla loro forza e a volte grazie ai poteri magici di cui sono dotati. Ma il cavallo non è solo il fido compagno del cavaliere: diverse volte, infine, è visto come un oggetto del desiderio da parte di altri cavalieri, allo stesso modo della spada o di altri strumenti. 

Dopo aver ricordato La carriola di Luigi Pirandello e Moby Dick di Hermann Melville, ecco quindi i cavalli di Rinaldo, Orlando e Astolfo, tre dei cavalieri più famosi del ciclo carolingio, visti soprattutto nelle descrizioni del Morgante di Luigi Pulci, dell'Orlando Innamorato di Matteo Maria Boiardo e dell'Orlando Furioso di Ludovico Ariosto.


Baiardo, il cavallo di Rinaldo

Il cavallo che dimostra di avere maggiormente caratteristiche eccezionali è Baiardo, il destriero magico di Rinaldo, che come Rabicano, prende il nome dal colore del manto: si tratta, infatti, di un baio, dal mantello rossastro, con estremità, coda e criniera nere.

L'animale è al centro di diversi episodi dei romanzi francesi e nei poemi cavallereschi italiani ed è descritto come un cavallo dal carattere forte, che si distingue per velocità e intelligenza - "Fece il destrier, ch’avea intelletto umano", dice l'Ariosto nell'Orlando Furioso - e per l'attaccamento al padrone.

Secondo la tradizione anteriore alla letteratura cavalleresca italiana del Quattrocento e del Cinquecento, Baiardo sarebbe stato regalato ai quattro figli di Aimone da Carlo Magno. Una delle sue caratteristiche è quella di allungarsi nel caso dovesse essere montato da tutti e quattro i fratelli.

Nei poemi italiani di Pulci, Boiardo e Ariosto, Baiardo è un elemento indispensabile alla forza del suo cavaliere Rinaldo, si muove in autonomia a volte per partecipare al combattimento assieme a Rinaldo. Nell'Orlando Furioso è la pietra di paragone con cui devono confrontarsi tutti gli altri cavalli.

Nell'Orlando Furioso, viene introdotto in un comportamento a lui insolito: è sfuggito a Rinaldo, che lo insegue invocando il suo nome. Vengono descritte la sua potenza e la sua intelligenza: si ribella a chi lo cavalca, esegue appostamenti e si fa inseguire dal padrone per giorni nella foresta per ricondurlo dall'amata.

Quando Rinaldo si trova davanti Sacripante in groppa a Baiardo, e in compagnia di Angelica, lo sfida e i due cavalieri duellano. Contravvenendo al codice cavalleresco, Sacripante resta in sella per affrontare un uomo a piedi: interviene così Baiardo, che è sempre dalla parte del suo padrone.

A piedi è l’un, l’altro a cavallo: or quale

Credete ch’abbia il Saracin vantaggio?

Né ve n’ha però alcun; che così vale

Forse ancor men d’un inesperto paggio;

che ‘l destrier per istinto naturale

non volea fare al suo signore oltraggio:

né con man né con spron potea il Circasso

farlo a voluntà sua muovere il passo.

Quando crede cacciarlo, egli s’arresta:

e se tener lo vuole, o corre o trotta:

poi sotto il petto si caccia la testa,

giuoca di schiene, e mena calci in frotta

Vedendo il Saracin ch’a domar questa

bestia superba era mal tempo allotta,

ferma le man sul primo arcione e s’alza

e dal sinistro fianco in piede sbalza.

Vegliantino o Brigliadoro, il cavallo di Orlando

Vegliantino è il cavallo di Orlando, paladino di Francia, nella letteratura cavalleresca medievale e rinascimentale. Il nome compare per la prima volta nella Chanson de Roland nella forma Veillantif. Nella tradizione italiana il nome compare nel Morgante, mentre Boiardo nell'Orlando innamorato lo rinomina Brigliadoro, seguito da Ariosto.

Nella Canzone d'Aspromonte, chanson de geste francese del XII secolo, appartenente al ciclo carolingio, si narra che Vegliantino originariamente apparteneva ad Helmont (Almonte), figlio di Agolante, re saraceno, ma passò ad Orlando, insieme alla spada Durlindana, dopo la sconfitta di Almonte nella battaglia di Aspromonte.

L'animale non ha tratti magici o particolari nelle tre principali opere italiane.

Ecco una delle sue apparizioni nel Morgante:

Orlando poi che si partì d’Antea,

Avea del sangue de’ Pagani un guazzo

Fatto, che già verso il fiume correa,

 Tanti n’uccide di quel popol pazzo:

Sempre in alto la spada si vedea,

Sì che di morti copriva lo spazzo;

E Vegliantino alle volte si serra,

Ed urta e caccia assai gente per terra.


 Bene è questo caval quel Vegliantino,

Acciò che error non pigli chi m’ascolta,

Che fu di Almonte degno Saracino;

Così, quando Baiardo alcuna volta

Si dice, non è falso il mio latino,

Chè fia col signor lor la vita tolta:

Ed è ragion, che la grazia del cielo

Conservi ognun che conserva il Vangelo.

Rabicano, il cavallo di Astolfo

Se Brigliadoro non ha poteri particolari, Rabicano, il cavallo di Astolfo, come Baiardo, ha caratteristiche magiche. E' senza peso e non lascia impronte non si nutre di fieno ma solo d’aria pura: è nato da una fiamma a forma di cavalla e un soffio di vento. Il suo nome, come per Baiardo, deriva dal manto, in questo caso pezzato. 

Ecco la descrizione di Boiardo:

Fu il caval fatto per incantamento

perché di foco e di favilla pura

fu finta una cavalla a compimento

benché sia cosa fuor de natura

Questa dapoi se fie’ pregna di vento:

nacque il destrier veloce a dismisura 

che erba di prato né biada rodea

ma solamente de aria se pascea.


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