martedì 14 marzo 2023

Lo specchio di Giano, la lamia Erichto

"Abitava nelle tombe abbandonate ed occupava i sepolcri dopo averne cacciato le ombre, grazie ai favori accordatile dalle divinità infernali: né gli dèi superni né il fatto di esser viva le impedivano di percepire la turba dei trapassati silenziosi, di conoscere le sedi stigie e i segreti del sotterraneo Dite": questo scrive Lucano nella Pharsalia, Libro VI, dove parla di Erichto. Secondo il testo latino, Erichto era una famosa maga della Tessaglia, anziana e malvagia, specializzata nella necromanzia. A lei si rivolgevano coloro che volevano sapere il futuro, poiché essa, in cambio di enormi somme di denaro o di particolari sacrifici, poteva far rivivere i morti, i quali conoscevano il futuro. Predisse per esempio a Sesto Pompeo l'esito della battaglia di Farsalo, facendo rivivere un soldato appena caduto. 

Il suo nome è ripreso in uno dei personaggi di "Lo specchio di Giano", il mio romanzo fantasy ispirato agli etruschi. Bella, giovane e innamorata del suo maestro, Ataris: nell'ebook Erichto è una lamia, come venivano chiamate le vampire nell'antichità. Nella prima redazione dell'ebook, Erichto doveva mantenere l'aspetto del suo modello originale, poi ho preferito modificarla, renderla una lamia, e farla apparire molto più avvenente. 

Con lei e la sua amica e compagna, Picatrix, Ataris mostra nel libro il suo lato più umano: loro sono le sue allieve salvate da un destino tragico e accolte, grazie a lui, nelle terre di Hiul, dai figli dell'Insidia, seguaci della dea Laverna. Grazie ad Ataris le due ragazze sono diventate grandi streghe e sono pronte a seguirlo e sostenerlo nella realizzazione del suo progetto. In questo la lamia è spinta dall'amore per l'uomo che le aveva evitato la morte e dato la possibilità di vivere in un ambiente dove lei si era sentita a casa. Amore che sfocerà in gelosia verso la compagna, vista a torto come una rivale. Solo alla fine i destini di Erichto e Picatrix si ricongiungeranno nell'amicizia. 


Foto di Amir Esrafili su Unsplash

Ecco la scena di "Lo specchio di Giano", disponibile su Amazon e su altre piattaforme, in cui Erichto, spinta dalla dea della discordia, attacca Picatrix durante un banchetto. 

I danzatori volteggiavano nell'aria a ritmo di una musica assordante, il vino scorreva nei calici dopo un lungo e lussuoso banchetto e l'ebbrezza faceva girare la testa e dava allegria. Erichto guardava Ataris mentre conversava con alleati venuti da lontano, Khan Digo dal deserto freddo delle estreme terre dell'Oriente, Mas Marruc dai luoghi nordici delle tigri bianche, e il moro Matar Lumak, dalla remota isola di Madaia, dove la vegetazione è rigogliosa e dove abitano specie animali mirabili. Il mago l'aveva salvata dal rogo quando era solo una ragazzina. Lei, non riuscendo ancora a controllare il suo istinto di lamia, aveva ucciso il figlio del contadino che teneva la fattoria vicina a quella dei suoi genitori, vicino a Volsinii, succhiandogli il sangue. Da poco si era resa conto di essere un vampiro e non avendo accettato quel suo stato, aveva cercato di nasconderlo, ponendosi come una normale ragazza. Ma quando il giovane provò ad abusare di lei nella pianura, vicino al fiume, prima reagì paralizzandolo con il tocco della sua mano e poi gli tolse la vita, aspirando la sua linfa vitale con il suoi denti aguzzi. La sua fama di piccola strega malefica che sarebbe stata presto bruciata si diffuse lontano fino a raggiungere Hiul e Ataris, che, diventato la guida dei Figli dell'Insidia dopo la morte di Sidonia, la volle tra i suoi allievi. Le comparve mentre era in lacrime nella cella della prigione in attesa dell'esecuzione, nella sua veste bianca che faceva risaltare i colori del suo viso e dei suoi capelli.

“Buongiorno Erichto, perché questo per te può essere un buon giorno. Io sono Ataris di Hiul. Se mi seguirai, saprai governare i tuoi poteri e ne avrai di nuovi. Imparerai a essere spietata e tutti avranno paura di te. Se mi seguirai, insieme conquisteremo il mondo e lo piegheremo al nostro volere. Se deciderai di non venire con me, la tua prossima casa sarà Tufulta”.

Di fronte a quella scelta, Erichto decise di seguire quello che sarebbe stato il suo maestro nella terra di Laverna. Sapeva che non avrebbe più rivisto i suoi genitori, i suoi fratelli e i suoi animali e che avrebbe vissuto in un regno nascosto tra ladri e assassini, stregoni dediti alla magia proibita e reietti di ogni genere.  Ma la paura della morte fu più forte della paura di un futuro che la vedeva tra le file degli stregoni di un collegio sconosciuto, insieme a un uomo che le incuteva timore e ammirazione. Un uomo scontroso e impenetrabile, severo e intransigente, ma che sapeva guardare nel cuore dei suoi accoliti ed essere giusto e comprensivo al bisogno. Un uomo che le insegnò negli anni l'arte della magia in tutte le sue sfumature e che in poco tempo prese il suo cuore di ragazzina sola e senza punti di riferimento. Un sentimento che lei diverse volte aveva provato a esprimergli ma che lui aveva sempre respinto in modo rispettoso, rispondendo che aveva amato soltanto una donna.

La lamia osservava il suo maestro mentre sorrideva agli ospiti e li intratteneva, ebbro, con lazzi spesso arguti e buffoneschi a volte sardonici o volgari. Ad un tratto, il mago prese a scherzare con i serpenti di Picatrix, che poco lontano da lui, stava conversando con un guerriero originario delle ventose isole dell'Ovest. Ataris, in quelle giornate, spesso giocava con i capelli della strega, un po' perché era molto affezionato a lei un po' perché vedeva  l'addestramento degli animali da parte di Picatrix anche come merito suo. Il mago era stato un ottimo punto di riferimento per entrambe e loro, avendo passato insieme, sotto il suo scudo, la parte principale della loro giovinezza, si consideravano quasi sorelle. Erichto sorrise quando Ataris avvicinò il dito alla bocca di una delle vipere e quando prese Picatrix per la vita facendola roteare in un ballo vorticoso. Ma quando vide il mago che le sfiorò il volto con la mano, un impeto di gelosia si impadronì di lei:

“Ti ha sempre respinto e questo è il motivo: ha sempre preferito lei a te! Era più intrigante una relazione con Picatrix, la strega che ha ucciso suo padre da bambina, la strega maledetta e inavvicinabile, con serpi velenifere sibilanti sul suo capo, piuttosto che con Erichto, la lamia bella e seducente, capace di far girare la testa a tanti giovani apprendisti di Hiul. Hai visto come gli ha accarezzato il viso? Come la guarda? Non ti meritavi tu tutto questo, che più volte gli hai espresso i tuoi sentimenti e sei sempre stata rifiutata? E cosa dire di lei? Lei sa del tuo amore! Come ha potuto tradire la tua amicizia? Non lasciare che ti prendano in giro così! Fai vedere a tutti che nessuno può deridere Erichto!”.

Ate, invisibile, era arrivata alla lamia spinta dal suo lento andamento claudicante, dopo essere riuscita a evitare gli schermi magici che proteggevano Alos. Le sussurrò queste parole, insinuando in lei acredine e rabbia nei confronti dell'amica e del maestro. Il viso di Erichto si dipinse di un insolito colore rosato, che le donava un fascino ancora maggiore, le sue sopracciglia si corrucciarono, le labbra si storsero e i pugni si strinsero, spingendo verso il basso. Si diresse dove si trovavano i due, intenti a ridere dei volteggi che avevano fatto, ed estrasse la sua bacchetta di legno di mirto dorato. La puntò verso Picatrix, urlando: “Che il fuoco ti bruci e lasci di te solo cenere!”.

Una piccola sfera lucente si scagliò dalla punta della bacchetta verso la Arath, che vedendo l'amica nell'atto di lanciarle una magia, fece in tempo a scansarsi ed evitare il fuoco, che si appiccò su una panca che stava dietro di lei. Non essendo riuscita nel suo intento, Erichto riprovò ancora ma Picatrix riuscì a scansarsi nuovamente.

Ataris, vedendo l'allieva infuriata, con un solo movimento delle mani, tolse la bacchetta alla maga, prendendola egli stesso. Lei, sapendo di non poter competere in nessun modo con lui, si scagliò contro Picatrix provando a morderla. Questa si divincolò e fuggì. Il suo sguardo incredulo e spaventato la colpì tanto che la sua ira si smorzò e rimase immobile in mezzo alla sala del castello in cui tutti la stavano guardando. Quando i suoi occhi incrociarono quelli del maestro, si rese conto di non riuscire a sostenere il suo sguardo, pieno di risentimento, e scappò anch'essa, scomparendo.


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