venerdì 26 aprile 2024

Alessandro Magno nel Milione di Marco Polo

Sapete quanto mi appassioni la storia di Alessandro Magno, visto che vi ho parlato diverse volte del mio libro "Peritas" in cui il condottiero è una figura centrale. Devo dire anche che mi emoziono sempre quando trovo citazioni riguardanti il guerriero nelle opere che leggo. Questa volta è il caso de "Il Milione" di Marco Polo, dove incontriamo in Grande Alessandro in diverse occasioni. La visione che ne dà il mercante veneziano è quella tipicamente medievale, che rispecchia solo in parte quella storica, ma è pur sempre molto affascinante. 



Ecco i brani dedicati.

Del re di Giordania

In Giorgia hae uno re il quale si chiama sempre David Melic, cioè a dire, in francesco, David re. È sottoposto al Tarlero. E anticamente a tutti gli re, che nascono in quella provincia, nasceva un segno d’aguglia sotto la spalla diritta. Egli sono bella gente e prodi d’arme e buoni arcieri; egli sono cristiani e tengono legge di greci; e1 i cavagli hanno piccoli al modo de’ greci. E questa è la provincia che Alessandro grande non potè passare, perchè dall’uno lato èe il mare e dall’altro le montagne; dall’altro lato èe la via si stretta che non si può cavalcare, e dura questa via istretta piue di quattro leghe, cioè dodici miglia, sí che pochi uomeni terrebbono lo passo a tutto il mondo: perciò non vi passò Alessandro. E quivi fece fare Alessandro una torre con gran fortezza, perchè coloro non potessono passare per venire sopra lui, e chiamasi la «porta del ferro». E questo è lo luogo che dice il libro d’Alessandro, che dice che rinchiuse gli tarteri dentro dalle montagne; ma eglino non furono tarteri, anzi furono una gente e’ hanno nome Cumanni (Comani), e altre generazioni assai, che tarteri non erano a quel tempo. Egli hanno cittadi e castella assai; e hanno seta assai, e fanno drappi di seta e d’oro assai, li piú belli del mondo: egli hanno astori gli piú belli e gli migliori del mondo; e hanno abbondanza d’ogni cosa da vivere.

D’uno diserto

Quando l’uomo si parte di Gobiam (Cobinan), l’uomo va per un diserto bene otto giornate, nel quale hae grande secchitade, e non v’ha frutti nè acqua se non amara, come in quel di sopra che vi ho detto; e quegli che vi passano portano1 da bere e da mangiare, se no che gli cavalli beono di quell’acqua mal volentieri. E di capo delle otto giornate è una provincia chiamata Tonocan (Tonocain), e havvi castella e cittadi assai, e confina con Persia verso tramontana. E quivi è una grandissima provincia tutta piana, ov’è l’albero «solo», lo quale gli cristiani lo chiamano l'«albero secco»: e dirovvi com’egli è fatto. Egli è grande e grosso: le sue foglie sono dall’una parte verdi e dall’altra bianche,2 e fa cardi come di castagne; ma non v’ha entro nulla: egli è forte legno, e giallo come bossio. E non v’ha albero3 presso a cento miglia, salvo che dall’una parte, a dieci miglia. E quivi dicono, quegli di quelle parti, che fu la battaglia tra Alessandro e Dario. Le ville e le castella hanno grande abondanza d’ogni buona cosa; lo paese è temperato;4 e adorano Malcometto. Quivi hae bella gente e le femmine sono belle oltra misura. Di qui ci partiamo; e dirovvi di una contrada che si chiama Milice (Mulchet), ove il veglio della montagna solea dimorare.

Di Balac (Baie)

Balac fu una grande cittá e nobile piú che non è oggi, che gli tarteri l’hanno guasta e fatto gran danno1. In questa cittá prese Alessandro per moglie la figliuola di Dario, sí come dicono quelli di quella contrada. E adorano Malcometto. E sappiate che infino a questa terra dura la terra del signore degli tarteri del levante. E a questa cittá sono gli confini di Persia intra greco e levante2. Quando si passa questa terra, l’uomo cavalca bene dodici giornate tra levante e greco, che non si truova nulla abitazione, però che gli uomini, per paura degli osti e di mala gente, sono tutti ritratti alle fortezze delle montagne. In questa via hae acqua assai e cacciagioni e lioni. In tutte queste dodici giornate non trovasi vivande da mangiare, anzi conviene che vi si porti.

Di Balascam (Badascian)

Balascan è una provincia, che le genti adorano Malcometto, e hanno linguaggio per loro. Egli è grande reame; e discende lo re per ereditá; e scese del legnaggio d’Alessandro e della figliuola di Dario, lo grande re di Persia. E tutti quegli re si chiamano «Zulcarney» (Zulcarniain) in Saracino, cioè a dire Alessandro, per amore del grande Alessandro. E quivi nascono le pietre preziose che si chiamano «balasci», che sono molto care,1 e cavansi delle montagne come l’altre vene; ed è pena la testa chi cavasse di quelle pietre fuori del reame, perciò che ve n’è tante che diventerebbono vile. E quivi è un’altra montagna,2 ove si cava l’azzurro, ed è lo migliore e lo piú fine del mondo. 

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