Sapete quanto mi appassioni la storia di Alessandro Magno, visto che vi ho parlato diverse volte del mio libro "Peritas" in cui il condottiero è una figura centrale. Devo dire anche che mi emoziono sempre quando trovo citazioni riguardanti il guerriero nelle opere che leggo. Questa volta è il caso de "Il Milione" di Marco Polo, dove incontriamo in Grande Alessandro in diverse occasioni. La visione che ne dà il mercante veneziano è quella tipicamente medievale, che rispecchia solo in parte quella storica, ma è pur sempre molto affascinante.
Ecco i brani dedicati.
Del re di Giordania
In Giorgia hae uno re il quale si chiama sempre David Melic, cioè a dire, in francesco, David re. È sottoposto al Tarlero. E anticamente a tutti gli re, che nascono in quella provincia, nasceva un segno d’aguglia sotto la spalla diritta. Egli sono bella gente e prodi d’arme e buoni arcieri; egli sono cristiani e tengono legge di greci; e1 i cavagli hanno piccoli al modo de’ greci. E questa è la provincia che Alessandro grande non potè passare, perchè dall’uno lato èe il mare e dall’altro le montagne; dall’altro lato èe la via si stretta che non si può cavalcare, e dura questa via istretta piue di quattro leghe, cioè dodici miglia, sí che pochi uomeni terrebbono lo passo a tutto il mondo: perciò non vi passò Alessandro. E quivi fece fare Alessandro una torre con gran fortezza, perchè coloro non potessono passare per venire sopra lui, e chiamasi la «porta del ferro». E questo è lo luogo che dice il libro d’Alessandro, che dice che rinchiuse gli tarteri dentro dalle montagne; ma eglino non furono tarteri, anzi furono una gente e’ hanno nome Cumanni (Comani), e altre generazioni assai, che tarteri non erano a quel tempo. Egli hanno cittadi e castella assai; e hanno seta assai, e fanno drappi di seta e d’oro assai, li piú belli del mondo: egli hanno astori gli piú belli e gli migliori del mondo; e hanno abbondanza d’ogni cosa da vivere.
D’uno diserto
Quando l’uomo si parte di Gobiam (Cobinan), l’uomo va per un diserto bene otto giornate, nel quale hae grande secchitade, e non v’ha frutti nè acqua se non amara, come in quel di sopra che vi ho detto; e quegli che vi passano portano1 da bere e da mangiare, se no che gli cavalli beono di quell’acqua mal volentieri. E di capo delle otto giornate è una provincia chiamata Tonocan (Tonocain), e havvi castella e cittadi assai, e confina con Persia verso tramontana. E quivi è una grandissima provincia tutta piana, ov’è l’albero «solo», lo quale gli cristiani lo chiamano l'«albero secco»: e dirovvi com’egli è fatto. Egli è grande e grosso: le sue foglie sono dall’una parte verdi e dall’altra bianche,2 e fa cardi come di castagne; ma non v’ha entro nulla: egli è forte legno, e giallo come bossio. E non v’ha albero3 presso a cento miglia, salvo che dall’una parte, a dieci miglia. E quivi dicono, quegli di quelle parti, che fu la battaglia tra Alessandro e Dario. Le ville e le castella hanno grande abondanza d’ogni buona cosa; lo paese è temperato;4 e adorano Malcometto. Quivi hae bella gente e le femmine sono belle oltra misura. Di qui ci partiamo; e dirovvi di una contrada che si chiama Milice (Mulchet), ove il veglio della montagna solea dimorare.
Di Balac (Baie)
Balac fu una grande cittá e nobile piú che non è oggi, che gli tarteri l’hanno guasta e fatto gran danno1. In questa cittá prese Alessandro per moglie la figliuola di Dario, sí come dicono quelli di quella contrada. E adorano Malcometto. E sappiate che infino a questa terra dura la terra del signore degli tarteri del levante. E a questa cittá sono gli confini di Persia intra greco e levante2. Quando si passa questa terra, l’uomo cavalca bene dodici giornate tra levante e greco, che non si truova nulla abitazione, però che gli uomini, per paura degli osti e di mala gente, sono tutti ritratti alle fortezze delle montagne. In questa via hae acqua assai e cacciagioni e lioni. In tutte queste dodici giornate non trovasi vivande da mangiare, anzi conviene che vi si porti.
Di Balascam (Badascian)
Balascan è una provincia, che le genti adorano Malcometto, e hanno linguaggio per loro. Egli è grande reame; e discende lo re per ereditá; e scese del legnaggio d’Alessandro e della figliuola di Dario, lo grande re di Persia. E tutti quegli re si chiamano «Zulcarney» (Zulcarniain) in Saracino, cioè a dire Alessandro, per amore del grande Alessandro. E quivi nascono le pietre preziose che si chiamano «balasci», che sono molto care,1 e cavansi delle montagne come l’altre vene; ed è pena la testa chi cavasse di quelle pietre fuori del reame, perciò che ve n’è tante che diventerebbono vile. E quivi è un’altra montagna,2 ove si cava l’azzurro, ed è lo migliore e lo piú fine del mondo.
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