sabato 23 settembre 2023

Peritas, il personaggio di Manar

 Dopo avervi presentato Peritas e Olimpiade, oggi vi parlo di un altro dei personaggi principali del mio nuovo romanzo fantasy, "Peritas". Si tratta di Manar, una donna egiziana appartenente a una confraternita di cristiani rimasti nell'ombra per secoli. La sua storia è interamente legata alla sua fede e alla sua costante sfida con il diavolo. Al contrario di Olimpiade appare più decisa, grazie alla sua fiducia in Dio, ma il suo temperamento è costantemente incrinato dalla paura di affrontare quello che a lei è destinato. Solitaria e solare, avrà un percorso similare a quello dell'antiquaria.


Ecco il passo in cui si narra l'incontro tra le due donne:

Aveva passato da qualche minuto le splendide rovine di Taposiris Magna e doveva essere arrivata vicino alla sua meta, quando, muovendosi su una sterrata vide passare davanti a sé, un uomo alto e robusto, interamente vestito di scuro. Belial? Pensò. Per evitarlo, sterzò bruscamente e finì fuori strada, con l’auto che si ribaltò. 

Quando i suoi occhi si riaprirono, riuscì a distinguere intorno a sé un ambiente in penombra, con un viso di donna sulla trentina che la osservava. Aveva occhi grandi e neri, molto intensi, sormontati da sopracciglia foltissime. Il naso, fine e appuntito, tagliava un viso olivastro e tondo mentre le labbra, rosse e carnose, lo ammorbidivano. I capelli erano coperti da un velo bianco, portato in maniera scomposta. 

“Come stai? Ti trovi nella casa di Manar. Hai avuto un incidente, a cui ho assistito: il diavolo ti ha tagliato la strada e ti ho portato qui per aiutarti”, le disse la donna in un inglese abbastanza fluente. 

Olimpiade provò a rispondere ma non riuscì. 

Il diavolo? Pensò tra sé e sé. Forse sono capitata nelle mani di un’altra squilibrata.

“Stai tranquilla. Parleremo dopo. Ho chiamato un medico e dovrebbe arrivare qui fra poco. Ora cerca di stare ferma e riposare”. 

“Ti ringrazio per l'aiuto che mi stai dando – riuscì a dire - Io sono Olimpiade e sono venuta qui dall'Italia per una ricerca che dovevo portare a termine in questa zona”.

Sospirò, cercando di assumere una posizione in cui sentire meno fastidio possibile, visto che aveva dolore in quasi tutto il corpo. 

Chi me lo ha fatto fare? Pensò, guardandosi intorno. Si trovava in una specie di spelonca, con le rocce lasciate nel loro stato naturale. Alla sua sinistra, per via di una fioca illuminazione, riusciva a distinguere una porta in legno molto rovinata. L’arredamento era povero ma completo, non mancavano nemmeno tv e computer e poteva intravedere sul tavolo anche un cellulare. Alla sua destra, ricavata nella roccia, una nicchia con l’immagine della Madonna e Gesù Bambino, con al lato una statua a grandezza naturale di un leone steso accanto. Si soffermò su quella per ammirarne il realismo e, con grande sorpresa, notò un lieve e quasi impercettibile movimento della testa dell'animale. 

“C’è un leone!”, riuscì a dire, con voce quasi soffocata. 

Manar si voltò e la guardò meravigliata: “Riesci a vederlo anche tu?”.

Poi, cambiando il tono della voce per non affaticare la sua ospite disse: “Non avere paura. Non fa niente”.

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