lunedì 28 agosto 2023

Giambattista Casti, Prima la musica poi le parole

 Il 29 agosto del 1724 nacque ad Acquapendente uno dei più acclamati librettisti d'opera del Settecento, Giambattista Casti, che ho avuto il piacere di studiare in occasione della tesi. 

Dalla vita avventurosa, fu un letterato di grido all'epoca e approdò alla carriera di librettista quando era già un poeta affermato. Rivale di Lorenzo da Ponte alla corte di Giuseppe II, fu autore di "Le novelle galanti", "Gli animali parlanti", "Il poema tartaro". Fu apprezzato da Leopardi che nel comporre la "Batracomiomachia" tiene presente "Gli animali parlanti".

Ricordo di lui il libretto che ho analizzato per la tesi, "Prima la musica poi le Parole", un'opera metateatrale, che ha come oggetto proprio il teatro lirico di quel periodo, dove viene analizzata con spregiudicatezza ma anche con ironia, l'abitudine di allestire opere in fretta, tenendo conto delle esigenze di cantanti e protettori e utilizzando musica da baule. Nelle spoglie del poeta è rappresentato il rivale Lorenzo da Ponte. L'opera, musicata da Antonio Salieri, fu rappresentata per la prima volta il 7 febbraio del 1786.


Qui sotto una parte della terza scena, con il discorso tra il poeta e il musicista.

MAESTRO Ebben, tenete:
eccovi carta, calamaio, e penna;
(li accosta ad un tavolino, e gli dà da scrivere)
ponetevi costì a tavolino.
Trovate qualche idea, qualche pensiero
per porli entrambo insieme:
cotest'aria aggiustate,
acciò provar si possa
quando verrà la buffa.
POETA E così su due piedi...
MAESTRO Su due piedi, o su tre, convien sbrigarsi.
Su, su, coraggio: intanto
a quest'altr'aria io le parole adatto.
POETA Ma...
MAESTRO Spicciatevi voi, che anch'io mio spiccio.
POETA Un pasticcio si vuol? Sarà un pasticcio.
(si pongono a sedere, il maestro al cembalo, e il poeta al tavolino)
MAESTRO (col cembalo)
«Se questo mio pianto
il cor non ti tocca»...
Qui v'è fin l'istessa rima,
a puntin tutto convien.
POETA (pensando)
Quel che comico era prima,
farlo eroico convien.
MAESTRO «Se questo mio canto
che m'esce di bocca»...
Ciò benissimo confronta
e ne son contento appien.
POETA Ecco qua l'idea già pronta
e ne son contento appien.
MAESTRO «Ancor non espugna
quel barbaro sen»...
Io mi sento alquanto sete.
Un sorsetto farà ben.
(va al tavolino, ove son le bottiglie, empie un bicchiere, e beve; poi torna al cembalo)
POETA Dove leggesi «affliggete»,
«ammazzate»... ed andrà ben.
MAESTRO (leggendo la scrittura del poeta)
Che carattere bisbetico!
Proprio stizza mi ci vien.
POETA Ho un cervel proprio poetico,
tutto facile mi vien.
MAESTRO «Via sfodera, impugna
quel ferro spietato»...
Cosa diavolo qui dice?
POETA Il pensiero è pur felice!
MAESTRO Non v'è a dir: dice «castrato».
POETA Ecco tutto terminato.
Rileggiamolo un pochino.
MAESTRO Ah! sì sì: Giulio Sabino
è un soprano: or mi sovvien.
«E questo castrato
trafiggimi almen.»
POETA «Castrato»! cosa diavolo mai dite?
MAESTRO Dico come sta scritto.
POETA (sentendo gli ultimi versi cantati dal maestro, si leva e bruscamente se gli accosta)
Oibò! «costato»
sta scritto, e non «castrato».
MAESTRO «Castrato» va benissimo, e non cangio.
POETA Eh, che burlate?
MAESTRO Quel che scrissi, scrissi.
POETA Ma che? Siete impazzato?
MAESTRO «Castrato» scrissi, e resterà «castrato».
POETA E poscia si dirà che fu il poeta
che fe' tal scioccheria.
MAESTRO Né la prima, né l'ultima saria.

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