Oggi è Natale, e vorrei farvi gli auguri di Buone Feste ricordando una poesia di Jacopone da Todi, nato tra il 1230 e il 1236 circa e morto nel 1306 nel giorno di Natale.
Jacopo dei Benedetti è stato un religioso venerato come beato dalla Chiesa cattolica, considerato tra i più importanti poeti italiani del Medioevo, noto soprattutto per le sue laudi religiose e per il Pianto della Madonna.
La religiosità di Jacopone si muove nel contesto del profondo conflitto tra francescanesimo spirituale e gerarchia ecclesiastica. Essa prende i toni di un rifiuto totale del mondo e delle sue vanità, dei suoi compromessi, delle sue trame, della sua sensualità. Le opere di Jacopone affermano la negatività del mondo tramite un dialetto umbro rivisitato e reso vivo e corposo.
Ecco l'inizio di una delle sue opere dedicate al Natale:
AD l’amor ch’è uenuto en carne a noi se dare,
andiamo a laude fare et canto con honore.
Honoral, da che uiene, alma, per te saluare;
uia, più non tardare ad lui de peruenire!
de sé non se retene che non te uoglia dare
parte, perché uol fare te seco tutto unire;
porrai donqua soffrire a llui che non te rendi,
et lui tutto non prendi et abracci con amore?
Pensa quanto te dona et a te que demanda,
però che non comanda più che non possi fare;
lo ciel sì abandona et per terra sì anda,
et ante sé non manda richeza per usare;
en stalla sì uol stare, palazo abandonato,
seco non ha menato alcun suo seruitore.
La sedia d’auro fino de gemme resplendente,
corona sì lucente, or perché l’ai lassata?
orden de cherubini, seraphin tanto ardente,
quella corte gaudente co l’ai abandonata?
corte tanto honorata de tal semi & donzelli
et per amor fratelli, perché lassi, Signore?
Per sedia tanto bella presepe hai receuuto,
et poco feno hauuto doue fussi locato;
per corona de stelle en pancelli enuoluto,
boue & aseno tenuto ch’eri sì honorato;
ora sè acompagnato da Ioseph & Maria,
ch’aueui en compagnìa corte de tanto honore.
Ebrio par deuentato o matto senza senno,
lassando sì gran renno et sì alte richeze;
ma com’è ciò scontrato de tal matteza segno?
hauereste tu pegno altre trouar alteze?
uegio che son forteze d’amor senza mesura,
che muta tanta altura en sì basso ualore.
Amor de cortesìa, de cui sè namorato,
che t’à sì uulnerato, che pazo te fa gire?
uegio che t’à en balìa, sì forte t’à legato,
che tutto te sè dato, già non poi contradire;
ben so che a morire questo amor sì te mena,
da poi che non allena né cessa suo calore.
Già non fu mai ueduto amor sì smesurato,
ch’allora quando è nato hagia tanta potenza;
poi che s’è uenduto emprima che sia nato,
l’amor t’à comparato, de te non fai retenza;
et non reman sentenza, se non che te occida
l’amor et sì conquida en croce con dolore.
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