Il 3 novembre del 39 d.C. nasce Marco Anneo Lucano, autore del Bellum civile o Pharsalia. Quale parte del poema può piacere a chi scrive romanzi fantasy? La parte dedicata alla magia, ossia alla terribile maga Erichto, a cui mi sono ispirata il personaggio omonimo in Lo specchio di Giano (ve ne parlo qui).
Ecco l'estratto in cui si descrive la maga:
Si veste d’un abito multicolore e bizzarro al modo d’una Furia,
il volto si mostra fra le bande della chioma spartita,
l’irta chioma è cinta di serti di vipere.
Come vide atterriti i compagni del giovane
e lui stesso tremante, esanime il volto, gli occhi in terra:
«Deponete» disse «i timori concepiti dal trepido animo.
Ora gli vedrete restituita la vita in vera figura,
affinché, sebbene spaventati, possiate udirlo parlare.
E se io vi mostrassi le paludi stigie e le rive
ruggenti di fiamme, se le Eumenidi potessero apparire
alla nostra presenza, e Cerbero che scuote il collo
villoso di serpi, e i Giganti legati sul dorso?
Quale timore, o vili, di guardare pavide ombre?».
Allora apre nuove ferite che empiono il petto
di sangue bollente, deterge le viscere dalla putredine,
poi le asperge di abbondante umore lunare.
Qui ella mescola quanto di sinistro produce
la natura. Non mancano bava di cani idrofobi,
viscere di lince, vertebre di iena feroce,
midolla di cervo che si sia nutrito di serpi,
la remora capace di trattenere una nave in alto mare
anche se l’Euro tenda le gomene, occhi di drago,
le pietre che crepitano intiepidite dalla cova di un’aquila,
il serpente volante degli Arabi, la vipera nata
sulle acque del Mar Rosso a custodia delle conchiglie preziose,
la pelle d’un serpente libico ancora vivo,
le ceneri della fenice posata sull’ara d’Oriente.
Dopo di avere mischiato sozzure comuni
ed altre famose, aggiunse fronde stregate
da un empio scongiuro, ed erbe intrise sul nascere
da sputi dell’orrida bocca, e tutti i veleni
che ella preparò per il mondo. Più forte di tutte le erbe
a evocare gli dèi dello Stige, dapprima emise mormorii
dissonanti e molto diversi dal linguaggio umano.
Contengono i latrati dei cani, gli urli dei lupi,
il lamento del trepido gufo e del vampiro notturno,
le strida e gli ululati delle belve, il sibilo dei serpenti;
esprimono anche lo scroscio dell’onda che si frange sugli scogli,
il mormorio della foresta e il tuono della nube squarciata.
Un’unica voce, di tante. Poi con emonio scongiuro,
esprime le altre formule; la voce discende nel Tartaro:
«O Eumenidi, vergogna dello Stige, castigo dei colpevoli,
o Caos bramoso di confondere innumerevoli mondi,
o Stige, signore della terra, che ti crucci per la morte differita degli dèi,
o Elisio che nessuna Tessala merita;
o Persefone che odi il cielo e la madre, o ultima
fase della nostra Ecate che dai a me e alle ombre
la facoltà di comunicare in silenzio, o custode del vasto
Inferno che getti le nostre viscere al crudele cane,
e voi, sorelle che filate gli stami della vita
per poi troncarli, o traghettatore dell’onda bollente,
vecchio ormai stancato dalle ombre che ritornano a me,
esaudite lo scongiuro: se v’invoco con voce abbastanza empia
e nefanda, se mai pronuncio incantesimi digiuna
di carni umane, se spesso vi ho offerto grembi fecondi,
se ho deterso con calde cervella membra tagliate,
se erano destinati a vivere tutti i fanciulli
di cui ho imbandito il capo e le viscere sui vostri piatti,
esauditemi. Non vi chiedo un’anima già sprofondata nel Tartaro,
e da tempo avvezza alle tenebre, ma una che ha appena lasciato
la luce e sta discendendo; è ancora ferma sulla soglia
del pallido Orco, e anche se obbedisca all’incantesimo
scenderà fra le ombre una volta sola. L’anima d’un soldato,
nostra da poco, predica i destini pompeiani al figlio
del condottiero, se le guerre civili meritano qualcosa da voi».
Nessun commento:
Posta un commento