domenica 10 marzo 2024

Lo specchio di Giano, una fonte di ispirazione... inaspettata

 Ripeto praticamente in ogni blog post e il tutti i contenuti che propongo su Facebook e Instagram che "Lo Specchio di Giano" è ispirato agli Etruschi e ai popoli antichi. Potete quindi immaginare come le mie principali fonti di ispirazione siano le opere greche e latine. Ma ce ne è una a cui forse nessuno pensa e che mi accompagna da quando sono ragazza: La Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso, a cui mi sono appassionata grazie a un "suggerimento" illustre. Sono stati infatti i testi di Leopardi dedicati a Tasso a farmi decidere di intraprendere quella lettura.

Ho letto il poema eroico diverse volte, tutte in momenti abbastanza particolari della mia vita, caratterizzati da diverse difficoltà. La costruzione della trama, il finale, i personaggi sono sempre riusciti da una parte ad emozionarmi dall'altra a rasserenarmi, nonostante la distanza linguistica di diversi secoli. L'ultima volta che ho sfogliato queste fantastiche pagine è stato proprio durante la scrittura dell'ebook, per prendere qualche spunto, per scenari e caratteri ma anche per la descrizione di duelli e battaglie. 


Per descrivere Ataris sono stata molto influenzata dalla figura di Ismeno, tanto che all'inizio avevo scelto questo nome per il personaggio. Thanaquil guarda in parte a Clorinda, Armida è uno dei modelli delle due streghe Erichto e Picatrix, mentre Turno, nonostante il nome di chiara ascendenza virgiliana, ricalca Solimano, secondo me uno dei personaggi più affascinanti e moderni di tutto il poema (all'inizio Turno avrebbe dovuto chiamarsi Solman poi ho preferito un nome di ascendenza latina). Ho mantenuto il nome tassiano a un solo personaggio, che non ricalca però l'originale: si tratta di Vafrino, il servo di Turno.


Ecco un passo dal canto nono che parla del sultano di Nicea, che nel poema combatte valorosamente contro l'esercito cristiano, finché cade per mano di Rinaldo.

     A costui viene Aletto: e da lei tolto

È ’l sembiante d’un uom d’antica etade.

Vota di sangue, empie di crespe il volto,

Lascia barbuto il labbro, e ’l mento rade:

Dimostra il capo in lunghe tele avvolto;

La veste oltra ’l ginocchio al piè gli cade,

La scimitarra al fianco, e ’l tergo carco

Della faretra, e nelle mani ha l’arco.

     Noi, gli dice ella, or trascorriam le vote

Piaggie, e le arene sterili e deserte:

Ove nè far rapina omai si puote,

Nè vittoria acquistar che loda merte.

Goffredo intanto la Città percuote,

E già le mura ha con le torri aperte:

E già vedrem, s’ancor si tarda un poco,

Insin di qua le sue ruine, e ’l foco.

     Dunque accesi tugurj, e gregge, e buoi

Gli alti trofei di Soliman saranno?

Così racquisti il regno? e così i tuoi

Oltraggj vendicar ti credi, e ’l danno?

Ardisci, ardisci: entro ai ripari suoi,

Di notte, opprimi il barbaro Tiranno.

Credi al tuo vecchio Araspe, il cui consiglio

E nel regno provasti, e nell’esiglio.

     Non ci aspetta egli e non ci teme, e sprezza

Gli Arabi, ignudi in vero e timorosi:

Nè creder mai potrà che gente avvezza

Alle prede alle fughe, or cotanto osi:

Ma fieri gli farà la tua fierezza

Contra un campo che giaccia inerme, e posi.

Così gli disse; e le sue furie ardenti

Spirogli al seno, e si mischiò tra’ venti.

     Grida il Guerrier, levando al Ciel la mano,

O tu, che furor tanto al cor m’irriti,

Ned uom sei già, sebben sembiante umano

Mostrasti; ecco io ti seguo ove m’inviti.

Verrò, farò là monti ov’ora è piano;

Monti d’uomini estinti, e di feriti:

Farò fiumi di sangue. Or tu sia meco,

E reggi l’arme mie per l’aer cieco.

     Tace, e senza indugiar le turbe accoglie,

E rincora parlando il vile e ’l lento:

E nell’ardor delle sue stesse voglie

Accende il campo a seguitarlo intento.

Dà il segno Aletto della tromba, e scioglie

Di sua man propria il gran vessillo al vento.

Marcia il campo veloce, anzi sì corre,

Che della fama il volo anco precorre.


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